Daniel Kaluuya ha già vinto una quindicina di premi per la sua interpretazione di Fred Hampton in Judas and the black messiah. Tra questi il Golden globe e il premio del sindacato degli attori (Sag). Probabilmente vincerà anche il premio Oscar. Anche se sono tutti premi per il miglior attore non protagonista, non ci sono dubbi che al centro dell’importante film di Shaka King ci sia proprio Hampton, vicepresidente delle Pantere nere ucciso durante un raid della polizia nella casa dove abitava, il 4 dicembre del 1969.
Nel film di Shaka King, il Giuda del titolo, l’informatore dell’Fbi Bill O’Neal (interpretato da Lakeith Stanfield), è uno strumento per avvicinarsi ad Hampton lateralmente e cogliere la sua grandezza politica e il suo spessore umano senza doversi immedesimare emotivamente con il personaggio e lasciando quindi lo spazio per tutte le riflessioni possibili. Anche Stanfield è candidato al premio Oscar e curiosamente anche lui come attore non protagonista.
Ma alla fine è giusto così. Nessuno impone la propria storia allo spettatore. Semmai è la storia stessa che s’impone. E al momento Judas and the black messiah diventa la punta di diamante di tutta una cinematografia black che sta riscrivendo interi capitoli del grande libro degli Stati Uniti, aggiungendo un punto di vista che non si può e non si deve più ignorare, una verità che non si può più far finta di non capire.
Judas and the black messiah
Di Shaka King. Con Daniel Kaluuya, Lakeith Stanfield, Dominique Fishback, Jesse Plemons, Martin Sheen. Stati Uniti 2021, 126’. A noleggio.
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