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Due giovani leader arabi da tenere d’occhio

Il leader sciita iracheno Moqtada al Sadr (a sinistra) e il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman a Jeddah, il 30 luglio 2017. (Bandar Algaloud, Saudi royal court/Reuters/Contrasto)

L’incontro del 30 luglio tra il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman e il leader sciita iracheno Moqtada al Sadr è utile per capire la particolare natura della leadership e il modo in cui si determina la storia nel mondo arabo di oggi. Sono numerosi gli aspetti rilevanti che ci dicono quanto il destino di questa regione turbolenta e in continuo deterioramento sarà determinato da uomini relativamente giovani che operano in larga misura dietro le quinte.

Moqtada al Sadr ha ereditato dal padre assassinato la guida di un movimento di sciiti iracheni diventato un protagonista sulla mutevole scena politica del paese. Mohammad bin Salman è asceso alla posizione di principe ereditario in Arabia Saudita grazie alle decisioni del re suo padre e a qualche astuta manovra di palazzo. Sono molto giovani per essere dei leader in Medio Oriente, ed entrambi sono giunti al potere senza una formazione o una vera esperienza, ma solo grazie ai loro genitori.

Come la maggior parte dei leader arabi, hanno un potere immenso, non devono praticamente rendere conto a nessuno e possono fare la guerra o la pace con ex nemici per una sciocchezza qualsiasi. Dovremmo osservare bene questi due uomini, poiché saranno loro e altri come loro a determinare il futuro del Medio Oriente.

Osservati speciali
Dobbiamo mantenerci al tempo stesso imparziali e attenti nei loro confronti. Imparziali, non giudicandoli con troppa fretta e dandogli il tempo di dimostrare se rappresentano un pericolo per noi tutti o se non siano invece degli audaci e visionari giovani uomini che hanno imparato dagli errori dei leader autocratici del recente passato; ma attenti, osservandoli da vicino per individuare qualsiasi segnale di inequivocabile dissennatezza o di azioni distruttive che favoriscano settarismo e guerra in territori che implorano pluralismo e pace.

Il principe ereditario saudita si ritiene probabilmente il protettore di tutti i musulmani arabi sunniti, se non di tutti i musulmani sunniti del mondo. Ha avuto parole dure nei confronti delle presunte velleità di potere iraniane nelle società arabe e ha lanciato iniziative militari (Yemen) e diplomatiche (Qatar) per bloccare presunti tentativi di penetrazione iraniana nei paesi arabi con minoranze sciite. La storia dirà se i suoi timori sull’Iran sono giustificati, esagerati o del tutto fuori luogo.

Entrambi rappresentano una novità e hanno espresso la necessità di serie riforme

Moqtada al Sadr è un esempio moderno di dinamico e carismatico organizzatore della società civile sciita e leader di un paese arabo. Ha combattuto contro gli americani, ha negoziato politicamente con altri gruppi politici, è stato più volte in Iran, ha avuto parole molto dure in passato nei confronti dell’Arabia Saudita e ha generalmente cercato di posizionarsi come il più importante leader spirituale e (ufficiosamente) politico sciita iracheno dopo l’ormai imminente morte della principale autorità sciita irachena, l’ayatollah Al Sayyid Ali al Sistani.

Ciascuno a suo modo rappresenta una novità rispetto al passato, ed entrambi hanno espresso la necessità di serie riforme politiche, economiche e socioculturali all’interno dei loro paesi. Al Sadr vorrebbe un serio programma anticorruzione in Iraq e Mohammad bin Salman ha appoggiato un ambizioso progetto di riforma economica nazionale. Perciò dobbiamo attendere e vedere se e come la retorica di questi giovani leader possa promuovere dei reali miglioramenti per i popoli dell’Iraq e dell’Arabia Saudita, cosa di cui beneficerebbero enormemente molti altri nella regione araba e in Iran.

L’incognita delle relazioni tra Arabia Saudita, Iraq e Iran
L’incontro tra questi due uomini ha sollevato parecchio scetticismo nella regione, dove si dava per scontato che le rivalità tra sciiti e sunniti precludessero di fatto simili interazioni e consultazioni oltre le barriere confessionali. A quanto pare l’incontro è sfociato in alcuni accordi bilaterali, tra i quali una donazione saudita da dieci milioni di dollari a favore degli iracheni sfollati a causa della guerra a Mosul. In seguito il governo iracheno ha annunciato di aver ricevuto la richiesta di mediare nel tentativo di migliorare le relazioni tra l’Iran e l’Arabia Saudita, e un valico di frontiera sul confine tra l’Iraq e l’Arabia Saudita, da tempo chiuso, sarà riaperto per facilitare il flusso di persone e merci da cui trarranno beneficio entrambi gli stati.

La grande incognita sarà capire se l’incontro è un preludio a relazioni più normali tra Arabia Saudita, Iraq e Iran, o se intensificherà piuttosto le rivalità politiche e una maggiore competizione su base confessionale per l’influenza. Analisti più pessimisti di me si chiedono se questi personaggi, il principe saudita e il leader iracheno, non si stiano usando l’un l’altro solo per rafforzare la propria posizione in patria e per creare ulteriori problemi all’Iran. Lo vedremo nei prossimi mesi.

Non dovremmo escludere la possibilità che perfino dei giovani imprudenti, inesperti, senza restrizioni e audaci che fanno la guerra a loro piacimento un giorno possano rendersi conto della follia del loro modo di agire e comincino a comportarsi con più accortezza. Sarebbe una buona notizia per tutto il Medio Oriente, ed ecco perché vale la pena tenere d’occhio quei due.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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