Il 9 settembre alle 7 del mattino il cielo di San Francisco aveva il colore giallo fangoso di una vecchia ferita. Alle otto era arancione ed era avvolto dall’oscurità. Quella mattina è stata la più inquietante della mia vita: a diffondersi era il buio, e non la luce. Varie persone in California hanno raccontato che gli uccelli erano insolitamente silenziosi. Per alcuni giorni, dopo che una straordinaria tempesta di fulmini in piena ondata di calore di metà agosto ha dato avvio all’attuale stagione degli incendi, il sole è stato rosso. E con la luna si tingeva di rosso anche l’orizzonte. Ma quella mattina l’oscurità impediva di vedere il sole. Cadeva cenere di alberi, foreste, case, città e di sogni che andavano in fiamme.
So da amici e familiari che quest’anno, in quasi tutte le zone della baia di San Francisco, il fumo, la luce e l’ondata di calore sono stati peggiori del solito. E sono in corso incendi e blackout, mentre più di 14mila pompieri fanno del loro meglio per lottare contro questi incendi senza precedenti. È peggio di qualsiasi altra stagione d’incendi nell’ovest degli Stati Uniti. Nell’Oregon le fiamme hanno distrutto una piccola città e costretto buona parte della popolazione della cittadina di Medford a fuggire. Vicino a Oroville, nella California nordorientale, il fuoco si è propagato per più di centomila ettari in 24 ore. È una nuova era.
La pandemia ci ha spinto a vivere di più all’aperto, ma gli incendi hanno reso la qualità dell’aria così cattiva che è più sicuro stare al chiuso
Questo è il quarto anno che la stagione degli incendi, legata alla crisi climatica, dura di più ed è più intensa, e la situazione è più grave rispetto agli ultimi tre. Gli incendi sono arrivati subito dopo un’ondata di calore senza precedenti. La prima settimana di settembre la temperatura nella contea di Los Angeles ha toccato i 49,4 gradi Celsius. Ho passato a San Francisco tutta la mia vita da adulta, vivendo in comunione con il Pacifico e la sua brezza umida. Spesso d’estate l’aumento del calore nell’entroterra risucchia l’aria fresca dall’oceano in forma di nebbia. Capita così, a volte, di cenare in maglione, mentre quindici chilometri più a est qualcuno suda sotto un cielo blu.
Il 9 settembre uno strato marino di nebbia umida si è diffuso nella baia di San Francisco, sovrastato dal fumo, creando quella strana penombra che ora grava su di noi. Qui l’oceano è un alleato che ci porta aria pulita, ma siamo noi a non essere buoni alleati dell’oceano: i mari hanno assorbito buona parte del calore che il cambiamento climatico ha prodotto, con conseguenze disastrose, tra cui un’intensificazione degli uragani. E oggi neppure l’oceano può salvarci: è probabile che i venti autunnali porteranno aria calda dalle zone aride dell’est, amplificando le fiamme. Siamo all’inizio della stagione degli incendi e sono già stati battuti molti record. La Pacific Gas and Electric, la società di forniture elettriche e di gas già responsabile di alcuni incendi, compreso quello che nel 2018 ha distrutto la città di Paradise, ha interrotto le forniture elettriche per evitare che i suoi impianti privi di manutenzione prendano fuoco in condizioni di clima caldo, secco e ventoso.
La pandemia ci ha spinto a vivere di più all’aperto, ma gli incendi hanno reso la qualità dell’aria così cattiva che è più sicuro stare al chiuso. In California la gente controlla l’indice di qualità dell’aria o segue l’andamento degli incendi su internet. Naturalmente per i senzatetto e gli sfollati trovare un posto al chiuso non è facile, e durante una pandemia fornire degli alloggi d’emergenza è più complicato.
I californiani amano il loro paesaggio e molti di loro hanno scelto di vivere il più vicino possibile alla natura. I costi assicurativi e il pericolo d’incendi potrebbero rendere quest’opzione impraticabile per molti di loro, e ora le città sono il posto più sicuro dove vivere. Alcune piccole comunità rurali sono bruciate. Un agricoltore che mi vende i suoi prodotti da quindici anni ha perso i suoi macchinari e la casa sulla costa di Santa Cruz. I raccolti si sono salvati ma quando il 6 settembre sono stata al suo banco per fare la spesa, se ne stava curvo ed evitava di guardare le persone negli occhi. Era visibilmente scosso.
Dieci anni fa Bill McKibben pubblicò un libro intitolato Terraa. Come farcela su un pianeta più ostile (Edizioni Ambiente). Cercando di spiegare i cambiamenti climatici, descrisse la nostra situazione come un atterraggio su un nuovo pianeta ostile, la Terraa. Nell’ultima settimana, con le nevicate nella regione intermontana degli Stati Uniti occidentali seguite a ruota da un’ondata di caldo, gli incendi sulla costa ovest, e una tempesta che ha abbattuto migliaia di alberi a Salt Lake City, ho pensato a quel libro. Oggi una fotografia aerea della Terra mostrerebbe la California e l’Oregon coperte dal fumo. Politicamente però, insieme a Washington, la California è la muraglia blu degli Stati Uniti, uno stato solidamente democratico e consapevole della crisi climatica. Da qui, sotto un cielo arancione, spero che tutto questo farà aumentare le iniziative a difesa del clima a livello regionale, nazionale e internazionale. È l’unica cosa che può aiutare davvero.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul numero 1376 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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