Con questo post la giornalista israeliana Sivan Kotler comincia il suo blog su Internazionale.
Riservato per natura, o per altro, non lascia trapelare emozioni. Solo un sorriso stanco, certamente intimidito, viene rilasciato sulla soglia di una barriera invisibile che lo divide dal costante, caloroso e a tratti soffocante abbraccio mondiale. Nella sua recente visita a Roma, raccontano i giornali, voleva vedere una partita di calcio o forse di tennis, visto che ci sono gli Internazionali.
(Claudio Peri, Ansa/Corbis)
La sera del 17 maggio è comparso in una piazza (il Campidoglio) emozionata, mentre le sue foto seduto a pranzo con la famiglia in un ristorante del quartiere ebraico sono state subito messe in rete da turisti e passanti. La mattina dopo ha fatto una breve visita ai ragazzi della scuola ebraica di Portico d’Ottavia.
Sono felici, pronti con il cellulare in mano a scattare foto per subito postarle su Facebook. Regalano a Gilad magliette con le loro firme, una del Milan e una della Roma. Gilad ringrazia, non è un tifoso, ma non li può deludere: i simboli, sopratutto di speranza, non hanno lussi di questo tipo. A pranzo i suoi ospiti romani lo portano a Fregene a mangiare pesce fresco di fronte al mare. Di nuovo foto su Facebook. Qualcuno si chiede se il ristorante è kosher, qualcun altro risponde che tanto lui a queste cose non ci tiene più di tanto, “come gran parte degli israeliani”, aggiunge un altro.
Subisce, non agisce, osserva un mondo che in sua presenza gli sembra impazzito. Tutti ne vogliono un pezzo. Politici in primis, naturalmente, e poi attori, cantanti e altre celebrità mettono su internet le proprie foto con Gilad per la gioia dei loro improbabili fan. Anche Noam, il padre, non esce bene da questa giostra e ora che ha deciso di occuparsi di politica, difficilmente ne uscirà indenne.
“Gilad è diventato una celebrità”, scrive amareggiato Moran Sharir, critico televisivo del quotidiano israeliano Ha’aretz, quando il giovane, in visita su un set televisivo, diviene suo malgrado un’icona o un item, in gergo tv, inserito tra un’intervista con una poco vestita vincitrice di un reality show e la pubblicità. Funziona così quando diventi un item: non uno qualunque, ma una vera e propria icona simbolo della speranza e della libertà.
In Israele, paese dove i ragazzi lasciano la casa dei genitori a 18 anni, tutti si augurano che non sia lontano il giorno in cui anche Gilad, con i suoi 26 anni, potrà finalmente lasciare quella casa mediatica, popolata da pseudo genitori virtuali, verso la sua vera libertà.
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