In Irlanda l’Health service executive, il servizio pubblico che offre assistenza sanitaria negli ospedali e nelle comunità, ha dato alcune indicazioni su come adeguare l’attività sessuale al tempo del coronavirus. Ecco le due raccomandazioni principali: “Valutate la possibilità di sospendere le interazioni fisiche e faccia a faccia, tanto più se di norma vi rivolgete ai siti d’incontri per trovare partner o se siete una lavoratrice o un lavoratore sessuale. Considerate la possibilità di usare i videoappuntamenti, lo scambio di messaggi erotici o le chat. Assicuratevi di disinfettare tastiere e touch screen condivisi con altri. La masturbazione non diffonde il coronavirus, soprattutto se si ha l’accortezza di lavarsi le mani (e di lavare ogni giocattolo erotico) con acqua e sapone per almeno venti secondi, prima e dopo”.

Consigli sensati. Che, inoltre, portano a compimento un processo di digitalizzazione progressiva della vita già avviato: secondo le statistiche gli adolescenti oggi passano molto meno tempo a esplorare la sessualità che a socializzare su internet o a sperimentare droghe. Magari fanno pure sesso, ma farlo in uno spazio virtuale (con la pornografia) non è forse più facile, non dà forse un appagamento istantaneo? Ecco perché Euphoria, una nuova serie tv statunitense (che, come dice il trailer, segue le vicende di “un gruppo di studenti delle superiori alle prime armi con droghe, sesso, identità, trauma, social network, amore e amicizia”), è quasi il contrario della rappresentazione della vita dissoluta dei liceali di oggi. Resta estranea al mondo dei giovani e, per questo, è permeata di anacronismo. Sembra piuttosto un esercizio di nostalgia degli adulti per le perversioni di cui erano capaci un tempo i giovani.

Realtà e fantasia
Ma a questo punto dovremmo fare un altro passo avanti: e se il sesso “reale” non fosse mai esistito senza un supplemento virtuale o fantasticato? Di solito la masturbazione viene definita come “farlo con se stessi mentre s’immagina di farlo con un partner”. E se il sesso reale in qualche modo fosse sempre masturbazione in presenza di un partner reale? Cosa voglio dire? In un articolo sul Guardian, Eva Wiseman fa riferimento a un momento preciso di The butterfly effect, il podcast di Jon Ronson che descrive in che modo la pornografia ha sconvolto il mondo di internet. “Sul set di un film porno, a un attore è capitato di perdere l’erezione nel bel mezzo di una scena. Per riottenerla, si è allontanato dalla donna, nuda sotto di lui, ha preso il telefono e si è messo a cercare video su Pornhub. È un segno vagamente apocalittico. C’è del marcio nello stato in cui si trova il sesso”, scrive Wiseman.

Sono d’accordo, ma aggiungerei la lezione della psicoanalisi: quel marcio è costitutivo dell’essenza del sesso. La sessualità umana è perversa, esposta a ribaltamenti sadomasochistici e, soprattutto, alla combinazione di realtà e fantasia. Perfino quando sono da solo con un/una partner, l’interazione (sessuale) s’intreccia in modo inestricabile alle mie fantasie. In altre parole, ogni interazione sessuale si struttura potenzialmente come “masturbazione in presenza di un partner reale”. La carne e il corpo del partner sono un oggetto di scena che mi permette di realizzare le mie fantasie. Non possiamo ridurre questo divario tra la realtà del corpo del partner e l’universo delle fantasie a una distorsione scaturita dal patriarcato o dallo sfruttamento: quel divario c’è fin dal principio. Quindi capisco bene l’attore che per ottenere un’erezione è andato su Pornhub: gli serviva un sostegno fantasmatico. È per la stessa ragione che, durante il sesso, un partner chiede all’altro di continuare a parlare, di dire qualcosa di “sporco”. Anche quando si tiene tra le mani la “cosa stessa” (il corpo nudo di chi amiamo), questa presenza deve essere sempre integrata dalle fantasie espresse a parole.

Certo, con l’attore è andata così perché non era coinvolto in una relazione amorosa con l’attrice. Se fosse stato innamorato, quel corpo sarebbe stato importante per lui, perché nel toccarla ogni gesto avrebbe turbato il nucleo della soggettività della donna. Quando si fa l’amore con qualcuno toccare il corpo è fondamentale. Si dovrebbe ribaltare il luogo comune secondo cui il desiderio sessuale è fisico mentre l’amore è spirituale: l’amore sessuale è più fisico del sesso senza amore.

La pandemia limiterà la sessualità e diffonderà l’amore a distanza dell’amato che non ci faccia toccare? Sicuramente farà aumentare i giochi erotici digitali. Si spera però che l’epidemia ci faccia rivalutare il contatto fisico intimo, che possiamo imparare di nuovo la lezione di Andrej Tarkovskij, per il quale la terra, la materia umida, non si contrappone alla spiritualità ma ne è il mezzo. Nel capolavoro di Tarkovskij Lo specchio, suo padre, Arsenij Tarkovskij, recita dei versi di cui è l’autore: “Senza corpo l’anima si vergogna / come un corpo svestito”. È perverso masturbarsi di fronte a immagini pornografiche, mentre il contatto fisico è il cammino verso lo spirito.

(Traduzione di Valentina Salvati)

Questo articolo è uscito sul numero 1356 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it