Nel mondo ci sono trecento milioni di adulti considerati clinicamente obesi.
Quasi uno su quattro (70 milioni) vive negli Stati Uniti. Il numero sta crescendo così rapidamente che, per descrivere l’estensione del fenomeno, si comincia a usare il termine epidemia.
Alcuni dati dell’accademia militare di West Point rivelano che nell’ottocento i valori dell’indice di massa corporea (Imc) erano sorprendentemente bassi rispetto agli standard attuali: i cadetti avevano in media un Imc di 20,5 e il 90 per cento di loro era sotto l’attuale valore mediano di riferimento (il valore che divide esattamente a metà la distribuzione della popolazione per massa corporea).
La vera impennata si è avuta tra le persone nate dopo la prima guerra mondiale, soprattutto tra i bianchi. Poi c’è stato un calo tra la grande depressione e la fine della seconda guerra mondiale. Ma in seguito l’Imc è tornato a crescere.
Le ragioni sono legate al progresso tecnologico, che ha permesso di ridurre l’uso della forza lavoro e ha prodotto la cultura del consumo, associata al fenomeno fast food, alla diffusione della pubblicità e alle nuove forme di comunicazione.
Come si può affrontare la diffusione dell’obesità? Serve una campagna di sensibilizzazione, perché il problema è alla base: molti bambini e giovani sovrappeso o obesi pensano che il loro peso sia normale. Gli Stati Uniti dovrebbero adottare politiche come quelle dei Paesi Bassi, dove il governo ha istituito un organismo che informa sui pericoli dei cibi grassi e lancia campagne di educazione alimentare.
Internazionale, numero 865, 24 settembre 2010
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