È di due miliardi il risparmio immediato che ci si può attendere dall’abolizione delle province, che spendono dodici miliardi di euro all’anno. Sei miliardi, però, non sono facilmente comprimibili, perché riguardano rimborsi di prestiti e la manutenzione del patrimonio immobiliare (tra cui cinquemila scuole e 145mila chilometri di strade).
Il personale proviene spesso da altre amministrazioni e svolge le nuove funzioni attribuite dalla legge Bassanini. I dipendenti delle province sono circa 56mila, ma quelli che lavorano nei centri per l’impiego (sei/settemila) arrivano dal ministero del lavoro. Altrettanti dipendenti sono stati trasferiti dalle regioni dopo il conferimento di alcune funzioni, come quelle relative al turismo e all’agricoltura.
I veri costi riguardano le indennità e i gettoni di presenza, pari a 113 milioni di euro. Si arriva così alla cifra di due miliardi come massimo risparmio possibile. Non è un taglio miracoloso, ma un importo tutt’altro che irrilevante in un momento come questo. Un risparmio che si può ottenere ugualmente, suggerisce Luigi Oliveri su lavoce.info, con proposte di accorpamento non solo delle province, ma anche delle competenze. Le province dovrebbero essere naturali depositarie di funzioni oggi sparpagliate tra numerose autorità.
I risparmi salirebbero con la soppressione delle rappresentanze istituzionali presso le province. Trasformando i consigli provinciali in assemblee di sindaci dei comuni del territorio si stimolerebbe anche la fusione dei piccoli comuni, riducendo ulteriormente i costi della politica.
Internazionale, numero 911 , 19 agosto 2011
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