Ogni deputato italiano può ricevere fino a 8.783 euro al mese di rimborsi spese. Sono incluse le spese per il mantenimento del rapporto con gli elettori (3.690 euro), quelle di viaggio (3.995 euro a trimestre per chi risiede a più di cento chilometri da Roma) e quelle telefoniche (circa 300 euro al mese). Sono trasferimenti su cui non vengono versate tasse o contributi e per i quali non sono richieste ricevute. Se agli 8.783 euro si somma l’indennità dei parlamentari, il compenso netto mensile supera i 14mila euro.

Uno schema analogo vale per i senatori. Il taglio ai costi della politica è urgente e necessario, visti i sacrifici chiesti ai cittadini. Naturalmente il parlamento è restio a limitare i suoi privilegi, ma il governo può intervenire con una legge di variazione di bilancio che riduca le dotazioni di camera e senato. Se si moltiplicano le cifre precedenti per il numero di deputati e senatori si arriva a circa cento milioni all’anno. Riducendo l’allocazione complessiva di camera e senato (pari rispettivamente a 993 e 560 milioni) per quella cifra, i due rami del parlamento sarebbero costretti a tagliare drasticamente le componenti accessorie della retribuzione, richiedendo giustificativi per le spese effettivamente sostenute e centralizzando (e regolarizzando) le posizioni lavorative dei collaboratori dei politici, che spesso sono pagati in nero.

Un intervento di questo tipo produrrebbe risparmi relativamente limitati, ma darebbe un forte segnale di discontinuità rispetto ai governi precedenti e renderebbe gli italiani più disponibili ad accettare i sacrifici necessari per ridurre il debito pubblico.

Internazionale, numero 926, 2 dicembre 2011

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it