Nel 2010 erano quasi sette milioni i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni che vivevano ancora con i genitori. I giovani italiani coabitano con la famiglia d’origine molto più spesso e più a lungo rispetto ai coetanei del resto del mondo. Molti puntano il dito sugli aspetti culturali: alcuni accusando i figli di essere “bamboccioni”, mentre altri sostengono che i genitori sono iperprotettivi (“babboccioni”). Ma in che misura la colpa è da imputare a stili di vita e culture invece che alle condizioni del mercato del lavoro?
L’Italia è il paese dell’Ocse in cui la posizione relativa dei giovani nel mercato del lavoro è maggiormente penalizzata. Il tasso di disoccupazione dei giovani è quattro volte quello generale.
Secondo un’indagine dell’Istat, è riuscito ad andare via di casa solo il 53 per cento dei giovani che nel 2003 avevano dichiarato di essere pronti a farlo entro breve tempo. Questo dato evidenzia che molti giovani desiderano diventare autonomi e costruirsi una propria vita: vogliono e progettano l’uscita dalla casa dei genitori, ma poi di fatto si trovano a rimandarla continuamente.
Se da un lato dobbiamo lavorare, per quanto possibile, sui fattori culturali che influenzano comportamenti familiari negativi, dall’altro è fondamentale dare una risposta alla reale esigenza di molti giovani italiani, che hanno già la valigia pronta ma sono rimandati indietro. Bisogna riformare i percorsi d’ingresso nel mercato del lavoro. Peccato che il governo guidato da Mario Monti abbia perso questa opportunità.
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