È il numero di separazioni tra coniugi registrato in Italia nel 2009. Nel 1980 erano circa trentamila. Il dato fa riflettere visto che, rispetto a trent’anni fa, si celebrano quasi centomila matrimoni in meno all’anno. La crescita delle separazioni è riconducibile a vari fattori, per lo più di natura culturale. Ma c’è anche un aspetto economico: uno studio condotto sulle coppie canadesi dimostra che quando le decisioni dei magistrati determinano un trasferimento effettivo di ricchezza a favore di una delle parti, le separazioni aumentano. Uno dei coniugi è più propenso a separarsi se la nuova situazione è economicamente conveniente.
Su lavoce.info Balli, De Blasio e Perali propongono di ridurre i margini di discrezionalità in sede di giudizio con un meccanismo di calcolo oggettivo dell’assegno di mantenimento dei figli: le scale di equivalenza, una misura che permette di confrontare le situazioni economiche dei coniugi che vogliono separarsi. Questa misura tiene conto anche della diversa composizione dei nuovi nuclei familiari e del venir meno delle economie da coabitazione.
Il genitore che lascia la casa coniugale deve affrontare costi pari a circa il 75 per cento di quelli che prima condivideva, come l’affitto e le utenze. Quindi il suo reddito disponibile è molto più basso di quanto stimato solitamente. Per introdurre le scale di equivalenza nei tribunali non serve un intervento legislativo. Ai sensi della legge 400 del 1988, basta un regolamento del governo, che può essere accompagnato da un documento ministeriale di linee guida.
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