Ogni anno circa il 3,9 per cento degli abitanti della provincia di Trento riceve il cosiddetto reddito di garanzia. Si tratta di un reddito minimo garantito introdotto nel 2009, un trasferimento proporzionale alla differenza tra il reddito individuale e la soglia di povertà (fissata a 400 euro al mese per una famiglia di una persona). Il Movimento 5 stelle propone l’introduzione di un reddito di cittadinanza, ma è troppo costoso, visto che è un trasferimento concesso a tutti i cittadini indipendentemente dalla condizione economica.

L’esperienza trentina è utile perché si tratta di un trasferimento selettivo, concesso solo a chi è in una situazione di bisogno. Come spiega Gianfranco Cerea su lavoce.info, a Trento i nuclei familiari in condizioni d’indigenza hanno diritto a un’integrazione pari alla differenza tra il loro reddito e la soglia di povertà. Il bonus è versato ogni mese per quattro mesi, e può essere richiesto fino a tre volte in due anni. Chi ne fa domanda s’impegna alla ricerca attiva di un posto di lavoro e alla disponibilità immediata per qualsiasi impiego. La misura si è rivelata efficace: il tasso di povertà della provincia si è dimezzato.

È possibile replicare il successo in tutto il paese? Secondo una stima basata sui dati Istat, il costo sarebbe di circa 5,3 miliardi: un miliardo al nord, 0,6 miliardi al centro e 3,7 miliardi al sud, dove i tassi di povertà sono più alti. Sarebbe opportuno tenere conto delle differenze dei livelli di spesa tra le diverse aree del paese. Così facendo e adottando la misura con una certa prudenza, i costi per lo stato potrebbero essere contenuti.

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