Secondo la Banca mondiale (Bm), nel 2013 il totale delle rimesse verso i paesi in via di sviluppo è stato di 410 miliardi di dollari. Si tratta del denaro che i lavoratori emigrati, indiani e cinesi su tutti, inviano ai familiari rimasti in patria. Il dato è in forte crescita: nel 2013, per esempio, le rimesse sono aumentate del 6,3 per cento rispetto all’anno precedente.

Come osservano Giulia Bettin, Andrea Presbitero e Nikola Spatafora su

lavoce.info, durante la recente crisi globale le rimesse sono risultate molto meno volatili rispetto ad altri flussi internazionali di capitale, come i prestiti bancari, gli investimenti in titoli o gli investimenti diretti esteri. Le rimesse assicurano imponenti flussi di capitale verso i paesi più poveri, flussi che sono relativamente immuni agli shock economici.

In molti casi, addirittura, aumentano in occasione di disastri naturali, conflitti o crisi economiche scoppiate nel paese di provenienza degli immigrati. Le rimesse sono molto più rilevanti degli aiuti ai paesi in via di sviluppo offerti dai governi occidentali, che l’anno scorso sono stati inferiori di due terzi alle rimesse.

I flussi provenienti dall’Italia mostrano un andamento simile a quello globale: sono raddoppiati tra il 2005 e il 2011, raggiungendo quasi sette miliardi di euro. I paesi d’origine che più ne beneficiano sono la Cina, la Romania e le Filippine. È giusto ricordare che ne beneficiamo indirettamente anche noi, perché sono un canale strategico per ridurre la vulnerabilità delle economie più povere agli shock esterni.

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