Secondo gli ultimi dati della ragioneria dello stato, il rapporto tra la retribuzione dei dirigenti ministeriali di prima fascia e quella del personale non dirigente è di 6,4 a 1. Nel decennio tra il 2001 e il 2012 i dirigenti di prima fascia hanno visto crescere le loro retribuzioni del 40 per cento, mentre il personale non dirigente del 27 per cento.

Giuseppe Pisauro scrive su

lavoce.info che il divario nelle retribuzioni si è ampliato dopo le riforme del pubblico impiego degli anni novanta. Riforme che hanno smantellato le carriere fissate per legge, introducendo un sistema di retribuzioni legato al risultato su base annua. L’intento originario era quello di rendere più efficiente la pubblica amministrazione, agganciando le retribuzioni dei dirigenti al raggiungimento degli obiettivi fissati dal ministro. Finora, però, gli obiettivi da raggiungere sono stati spesso individuati dagli stessi uffici a cui spetta la valutazione, e sono inoltre fissati su base annua: un orizzonte troppo breve per i rapporti di lavoro di lungo periodo.

Per fare in modo che le buone intenzioni di quelle riforme non restino solo sulla carta, bisogna ridisegnare le carriere all’interno della pubblica amministrazione e inserire seri sistemi di valutazione della produttività.

Se ci limitiamo a introdurre dei premi di produzione senza un buon sistema per distribuirli finiremo solo con l’aumentare il divario retributivo tra i dirigenti e il personale ordinario, senza migliorare davvero l’efficienza. Esattamente quello che è successo finora.

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