Le nuove domande di asilo registrate in Italia nel 2013 sono state 27.800. Questo dato dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur) può sembrare alto, ma è inferiore a quello di molti paesi europei. Le domande presentate in Germania nello stesso periodo sono state quasi 110mila, in Francia più di sessantamila.

Non sarebbe quindi l’Italia il paese a ricavare più benefici da un rafforzamento dell’azione europea nell’accoglienza dei rifugiati. Ciò non toglie che nell’agenda di Bruxelles il dossier debba essere riconsiderato. Per una reale gestione comunitaria del problema bisogna rivedere le Convenzioni di Dublino del 2003 e, in particolare, la clausola che obbliga i rifugiati a fare domanda nel primo paese di approdo. Si tratta dei cosiddetti “dublinati”, persone che, pur volendo arrivare in Nordeuropa, sono costrette a presentare la domanda in Italia. Si potrebbe anche permettere di presentare domanda d’asilo nel paese d’origine. In ogni caso, è fondamentale accelerare l’esame delle domande per garantire l’accoglienza in tempi brevi.

In Italia, infatti, i rifugiati sono spesso abbandonati a se stessi e finiscono inevitabilmente per gonfiare le file del lavoro nero. Come fa notare Maurizio Ambrosini su

lavoce.info, le misure di effettivo inserimento professionale e sociale dei richiedenti asilo riguardano una percentuale bassissima dei rifugiati. Nel 2012 ne hanno beneficiato in tutto il mondo solo 88mila persone, la maggior parte negli Stati Uniti. C’è ancora tanto da fare perché chi chiede aiuto non sia lasciato solo una volta terminata l’emergenza.

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