La legge di stabilità per il 2015 conterrà tagli alla spesa al massimo per cinque miliardi di euro. Lo dice la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, pubblicata il 2 ottobre, dove si è persa traccia dei venti miliardi di tagli alla spesa pubblica più volte annunciati.
La soglia del 3 per cento nel rapporto tra deficit e pil sarà (appena) rispettata nel 2014 e nel 2015 grazie alla riduzione della spesa per interessi, che invece non sarà usata per ridurre il debito.
Il governo vuole ampliare il disavanzo dello 0,7 per cento del pil, anche se le regole europee impongono il pareggio di bilancio nel medio periodo. Dopo la Francia anche l’Italia sceglie la rischiosa strada dell’abbandono unilaterale delle regole europee.
Certo, ha fatto bene il governo a non insistere sugli obiettivi di medio periodo: con un’economia in recessione da tre anni rischiava di essere controproducente.
Ma avrebbe fatto meglio a raggiungere prima un accordo con l’Europa sulle riforme. Bisogna capire come reagirà Bruxelles. L’Italia invocherà le circostanze eccezionali, cosa comprensibile per un paese nelle nostre condizioni, ma la sfiducia nei nostri confronti e la presenza in Europa di due visioni nettamente diverse sul modo di uscire dalla crisi potrebbero far aprire una procedura di infrazione per deficit eccessivo.
Il vero problema, però, è la reazione dei mercati finanziari. Saranno disponibili a darci fiducia solo se agli annunci seguiranno i fatti, cioè se le riforme saranno realizzate. Il governo deve portarle avanti, soprattutto ora che ha accantonato la revisione della spesa.
Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2014 a pagina 113 di Internazionale, con il titolo “5 miliardi”. Compra questo numero | Abbonati
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