Non ci sono alberghi in cui mi piace tornare. Dopo aver passato una vita a scrivere e pubblicare guide, mi sento in colpa se torno nello stesso posto invece di provare qualcosa di nuovo.
Ma un tempo c’era l’Amari Airport Hotel di Bangkok. Adesso non esiste più perché è caduto in disuso quando l’aeroporto internazionale di Bangkok è stato trasferito da Don Muang, a nord della città, a Suvarnabhumi, a est.
L’Amari non aveva niente di speciale, era un albergo moderno come se ne possono trovare in qualsiasi parte del mondo. Ma aveva il vantaggio di essere proprio vicino all’aeroporto: uscendo dalla dogana prendevi il ponte pedonale che attraversava l’autostrada e arrivavi subito.
Non ci ho passato mai più di una notte, e in alcuni casi neanche una notte intera, ma probabilmente mi sono fermato lì più volte che in qualsiasi altro albergo del mondo.
Il bello dell’Amari era che ogni volta che ci passavo stavo andando o venendo da qualche posto interessante. All’alba del mattino dopo, il mio volo sarebbe partito per il Bhutan, il Nepal, il Vietnam o il Bangladesh. Oppure ero appena arrivato dalla Cambogia ed entravo in albergo per bere una birra gelata o fare una nuotata in piscina.
L’hotel aveva anche una piccola libreria ben fornita dove nacque la prima edizione della nostra guida sulla Cambogia. Era il 1992 ed ero appena arrivato da Phnom Penh. In quel paese il turismo stava rinascendo e Angkor Wat sembrava ancora un posto vagamente pericoloso.
L’albergo serviva un’ottima colazione. Potevi andare all’aeroporto per ilcheck in, assicurarti un posto accanto al finestrino e tornare a fare colazione prima del volo. Quello è un albergo che mi manca.
Internazionale, numero 714, 12 ottobre 2007
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