Quando era in viaggio di nozze a Tahiti, mio figlio si è accorto che nel suo bicchiere era entrata una piccola lucertola che, una volta uscita, ha cominciato a barcollare. Dal modo in cui si leccava la bocca era chiaro che aveva gradito il cocktail.
È quello che definisco un incontro ravvicinato con la “fauna alberghiera”. Anch’io in Asia e nel Pacifico ho trovato delle lucertole sulle pareti degli alberghi. Il loro verso concilia il sonno perché sai che mangeranno qualsiasi zanzara oserà attaccarti.
Il mio incontro ravvicinato, però, non ha avuto lo stesso lieto fine: in Indonesia, durante la notte, una lucertola è annegata nel bicchiere che avevo lasciato sul comodino. Altri tipi di fauna alberghiera sono meno simpatici. In certi hotel da quattro soldi di Manhattan (adesso me ne posso permettere di migliori) c’è sempre qualche esemplare della fauna più comune a New York: lo scarafaggio.
Se dopo averlo calpestato scappa via come se niente fosse, è di sicuro uno scarafaggio newyorchese. Una volta a Calcutta ho sollevato una poltrona da cui provenivano strani rumori e dentro c’era un ratto di dimensioni inquietanti. A Rarotonga, nelle Isole Cook, un cane è entrato nella mia stanza e mi ha rubato una scarpa da ginnastica. Ho avuto anche visitatori più esotici: un paio di scimmie in cerca di qualcosa da mangiare e, in Africa, alcune piccole creature pelose chiamate iraci.
L’incontro più strano, però, l’ho fatto in un albergo elegante su una spiaggia del sudest asiatico.
Mentre mia moglie stava entrando nella stanza, qualcosa è caduto dalla porta ed è atterrato sulla sua spalla, per poi scendere lungo la schiena e scappare via verso il giardino. Mentre si arrampicava su un albero, mi sono reso conto che si trattava di una vipera molto velenosa.
Internazionale, numero 743, 9 maggio 2008
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