Se cercate il lato buono del turismo, pensate alla difesa della fauna. Se non attirassero folle di turisti con molti soldi da spendere, per gran parte degli africani gli elefanti sarebbero solo grossi animali grigi che calpestano i raccolti. I giapponesi ucciderebbero molte più balene, se osservarle non fosse diventata una delle principali attrazioni turistiche in molti paesi del mondo.
Lo stesso discorso vale per i gorilla e per tutti quei primati più vicini agli esseri umani. I gorilla sono in pericolo, ma lo sarebbero ancora di più se non fossero diventati un richiamo, molto costoso, per turisti.
Alla fine degli anni settanta, il bracconaggio e la deforestazione, spesso favoriti dall’instabilità politica e dalle guerre locali, avevano ridotto la popolazione di gorilla orientali di montagna presenti in Ruanda, Uganda e Repubblica Democratica del Congo a circa 250 esemplari. Oggi la diffusione dell’ecoturismo ha contribuito a riportare il loro numero a settecento.
In Ruanda ogni anno ci sono più di diecimila turisti che pagano 350 euro per un “incontro” di un’ora con i gorilla. I gorilla di montagna vivono in tutti e tre i paesi, ma sono il Ruanda e l’Uganda ad attirare il maggior numero di turisti. Un tempo i gorilla vivevano in tutta l’Africa equatoriale, ma circa un milione di anni fa la loro popolazione si divise in due grandi gruppi: orientali e occidentali.
Il mio incontro con i gorilla è avvenuto a occidente, nel parco nazionale di Dzanga Sangha, nella Repubblica Centrafricana. I gorilla di pianura occidentali sono più piccoli dei loro cugini orientali. Quando però ho visto Makumba, un gigantesco maschio dalla schiena argentata che guidava un branco di tredici gorilla, mi è sembrato abbastanza grande.
Internazionale, numero 751, 4 luglio 2007
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