Quando mio figlio Blake ha cominciato ad andare all’asilo, un giorno è tornato a casa e mi ha spiegato il sistema di premi e punizioni adottato dal suo maestro: “C’è un tabellone di adesivi”, ha detto tutto contento, “e se fai bene qualcosa o sei molto gentile con qualcuno, ti danno un adesivo con la faccina che ride”. Poi, il tono è diventato più serio: “Però se sei un po’ cattivo o fai qualcosa di brutto, ti danno un adesivo con la faccina triste”. Ha fatto la faccina triste e ha taciuto un momento. Poi ha detto raggiante: “Ma è pur sempre un adesivo!”.
Non ho potuto fare a meno di ripensarci qualche settimana fa, mentre riflettevo sulla questione dell’attenzione pubblica e mi chiedevo se davvero la pubblicità negativa non esista, e se sia possibile parlare di qualcuno in un modo neutro che non sottintenda approvazione. Tutto questo perché il leader dell’United Kingdom independence party, Nigel Farage, è stato nominato “britannico dell’anno” dal Times. Prima l’ho letto su Twitter, dove molte persone che seguo twittavano commenti indignati e increduli, scandalizzate dal fatto che Farage fosse stato preferito a candidati ben più seri e meritevoli. Sì, ho pensato, che cosa terribile. Sul serio, cosa è saltato in mente al Times?
Più tardi, quello stesso giorno, ho notato che diverse altre persone che seguo – quasi tutti giornalisti del Times, è vero – spiegavano con sempre crescente esasperazione che la loro scelta non significava che Farage era il più bravo o il più simpatico, ma solo il più influente. Il personaggio che in un modo o nell’altro era arrivato in cima a una scala di qualcosa, non necessariamente di merito. Sì, capisco – ho pensato – è diverso. Influente, non migliore. D’accordo, allora posso anche accettarlo.
Eppure, un po’ mi dava fastidio. Avrei preferito che dicessero “più influente”, tanto per essere chiari. O che non fosse stato “britannico dell’anno”, cosa che fa pensare a una persona che incarna il meglio di questo paese. E poi ho visto che Farage ha accettato il premio soddisfatto (“No, non era un premio!” gridava il Times), twittando festosamente che nonostante tutte le offese subite, finalmente il riconoscimento era arrivato e che aveva vinto (“No, no, non vinto!” gridava il Times).
Intanto, sembra che in questa stagione di Celebrity Big Brother (il Grande fratello dei vip) gli inquilini maschi abbiano fatto a gara di maleducazione, convinti che qualsiasi attenzione ricevuta sia una forma di approvazione e quindi una cosa positiva. Inutile dire che è un modo di ragionare da bambini di due anni e che, come quando cerchiamo di fargli smettere di fare i capricci distribuendo cioccolatini, più premiamo l’insulto con l’attenzione e più insulti avremo. Ma allora cosa possiamo fare?
Di questi tempi è una bella fatica riuscire a ignorare tutti quelli che ragionano così, e richiede un continuo lavoro di aggiornamento della lista di quotidiani e programmi televisivi da evitare e persone da bloccare su Twitter, e un monitoraggio costante delle nostre risposte. Certo, ci sono persone orrende che a volte possono essere divertenti, e allora le guardiamo e poi ci sentiamo in colpa, e le detestiamo ancora di più.
I più furbi hanno capito che ormai abbiamo preso l’abitudine di lasciarci andare a comportamenti infantili, e così ci tocca sorbirci personaggi come Boris Johnson, Katie Hopkins e Jeremy Clarkson: adulti che fanno cose per cui qualsiasi bambino finirebbe in castigo, e che invece continuano a essere derisi o insultati senza che la cosa sembri disturbarli. Con persone così, puoi anche ripetere fino allo sfinimento che essere notati non è la stessa cosa che essere apprezzati, che essere “scelti” non è necessariamente un complimento, e che non tutti gli adesivi significano “bravo”. Dato che hanno lo stesso acume di mio figlio a tre anni, risponderanno semplicemente: “Be’, ma è pur sempre un adesivo!”.
Quel bambino di tre anni oggi ne ha 13, ed è decisamente più maturo dei personaggi di cui sopra, come ho scoperto di recente guardando con lui il reality show I’m a celebrity. Di fronte a un accesso di bullismo mascherato da sfottò, che ha portato all’immediata e inevitabile ondata di indignazione in rete e pubblicità extra, mi sono girata verso di lui per valutare la sua reazione. Alzando gli occhi al cielo, ha osservato: “Sono solo stanchi e affamati”. Dopodiché si è allontanato pensando ad altro, senza essersi lasciato minimamente impressionare o incantare.
(Traduzione di Diana Corsini)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it