A volte sembra che nella musica pop non ci sia posto per le donne quando invecchiano, né come artiste né come pubblico. L’essenza del rock è la ribellione giovanile, e per di più una ribellione maschile. Puoi avere il ruolo della rockettara per qualche anno, ma la donna matura è la nemica numero uno. Quando ero piccola la musica leggera era confinata a programmi radiofonici come Housewives’ choice (Scelti dalle casalinghe), e qualche anno più tardi Capital Radio intitolava ironicamente il suo programma rock Your mother wouldn’t like it (A tua madre non piacerebbe).
Sapevo come stavano le cose, ma da ragazza non me ne preoccupavo. Mia madre era piuttosto conservatrice ed effettivamente aveva gusti musicali tradizionali, ma all’epoca non mi chiedevo come sarei stata io, da vecchia, se mai – Dio ce ne scampi e liberi! – fossi diventata una casalinga o una madre. Per fortuna sono ancora qui e i tempi sono cambiati, anche se Mojo, Q e New Musical Express sono ancora esposte tra le riviste per uomini. E la musica pubblicizzata come regalo ideale per la Festa della mamma continua a non piacermi ora come allora.
Ma non c’è dubbio che le cose stanno migliorando. Se penso alle generazioni precedenti, vedo una lunga lista di maschi ancora sulla cresta dell’onda: Leonard Cohen, Bob Dylan, Neil Young, Robert Plant, Paul McCartney, Springsteen, gli Stones e via dicendo. Joni Mitchell, Stevie Nicks e Marianne Faithfull ce la mettono tutta per tenere alta la bandiera delle donne, ma ancora non godono dello stesso rispetto.
Come ha scritto Linda Grant sul Guardian a proposito di Joni, “quello che le è sempre mancato è stata la devozione ossessiva del pubblico maschile: i fan dei Grateful Dead o di Bob Dylan che collezionano e catalogano tutto, e fanno a gara litigandosi i pezzi più rari. Dove sono i libroni pieni di curiosità, le conferenze, le tesi di dottorato su Joni?”.
Punk e postpunk
La mia fascia d’età è più rappresentata. C’è chi pensa che l’era del punk e postpunk inglese sia stata particolarmente prolifica e aperta, ma poche delle sue voci femminili sono durate nel tempo. A parte la prematura scomparsa di Poly Styrene e Ari Up, altre artiste che amavo si sono ritirate o sono sparite – Alison Statton, Pauline Murray, Lesley Woods, Elizabeth Fraser – lasciando dietro di sé un gruppo sparuto di sopravvissute come Neneh Cherry, Chrissie Hynde e Alison Moyet, o – negli Stati Uniti – Kim Gordon e Kristin Hersh.
Forse è anche un po’ colpa nostra. Per varie ragioni personali abbiamo lasciato il campo agli uomini. Se non altro, però, oggi quando faccio musica cerco di pensare agli anni che ho e di scriverne in modo realistico: in Hormones, per esempio, parlo dell’effetto che fa essere una madre in menopausa con figlie in età mestruale. Ammiro Patty Smith e Kate Bush per avere rivendicato il diritto di fare rock anche se sei una donna matura, una madre o un’artista schiva e riservata.
Dato che ha quattro anni più di me, Madonna dev’essere per forza in menopausa, ma ha scelto la strada dell’eterna giovinezza per restare sulla cresta dell’onda. Rispetto il suo atteggiamento di sfida – nessuna donna ha il dovere di essere un modello – ma vorrei tanto sentirla cantare o anche solo parlare delle vampate di calore o della paura di ballare con l’osteoporosi. Ma come potrebbe? Pensate a quello che hanno scritto i giornali quando è incappata in un piccolo incidente durante l’esecuzione di una coreografia che avrebbe messo in difficoltà anche molte trentenni.
Al di fuori della musica rock è sempre stato più facile invecchiare ed essere rispettati: i generi musicali meno amati dai giovani sono sempre stati più tolleranti. A 66 anni, Nina Simone riusciva ancora a incantare Nick Cave, quando ha cantato con lui sul palco del Royal festival hall di Londra, nel 1999. La cantante capoverdiana Cesária Évora ha cominciato a essere apprezzata in tutto il mondo solo intorno ai cinquant’anni, e Blossom Dearie si esibiva ancora nei locali di New York a ottanta.
Così, per tirarmi un po’ su, ascolto Elaine Stritch che canta The ladies who lunch, e l’ultimo album di Peggy Seeger, registrato a 79 anni. E poi vado a vedere Imelda Staunton – che a 59 anni è praticamente un’adolescente – che interpreta con trionfale energia Gypsy, un musical che parla di ambizioni frustrate e madri impossibili. E penso: “Sapete cosa? Queste donne spaccano”.
(Traduzione di Diana Corsini)
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