Quando ho fatto la maturità non prendevo niente sul serio
È tempo di esami e in tutto il paese ci sono adolescenti che ripetono versi utili e importanti di Re Lear chiusi nelle loro camere, incorniciano lo specchio del bagno con post-it motivazionali o attaccano equazioni di chimica sullo sportello del frigo. Le mie figlie lo fanno, almeno. Ben ha abilmente trovato il modo di essere in tour nelle prossime quattro settimane, e torna a casa ogni due o tre giorni solo per farsi risuolare le scarpe o riparare la custodia della chitarra, mentre io tengo la postazione e cerco di assicurarmi che tutti facciano quello che devono fare, anche se non mantengo esattamente la calma. Benvenuti nella Casa dello stress.
Vedendo quanto lavorano sodo le mie figlie e i loro amici, ripenso ai giorni prima della mia maturità. Ho ancora il diario dell’estate del 1981 e basta una rapida occhiata per farsi un’idea di quanto fossi dedita allo studio: ben poco. Suonavo già in una band, le Marine Girls, con altre tre compagne di scuola, e avevamo già inciso il nostro primo album: cioè avevamo registrato alcuni pezzi e vendevamo copie della cassetta, intitolata Beach party. I miei esami di maturità sono cominciati martedì 2 giugno, con un esame di storia che nel diario definisco “tosto come mi aspettavo”.
Nei giorni precedenti non ero certo stata china sui libri. Avevo trascorso il sabato sera al Moonlight Club di West Hampstead, dove avevo “visto un’ottima band che si chiama Maximum Joy, e i Pigbag, che erano favolosi. Mi fanno male i piedi da quanto ho ballato”. La domenica, invece di preoccuparmi per l’esame che si avvicinava, mi chiedevo se non dovessimo registrare un singolo. Alla fine, il giorno prima dell’inizio della maturità ho fatto “un ripassino veloce”, anche se la sera, per compensare lo sforzo, “ho visto un film con Elizabeth Taylor, Venere in visone”.
Quindi probabilmente non è stata una sorpresa che il primo esame non sia andato come previsto. Quella sera sono andata ad ascoltare una band locale composta da “due chitarre, basso, voce e bonghi. Eccezionale”. E a un altro concerto il venerdì. Un breve momento di zelo è subentrato mercoledì 3 giugno, quando ho rifiutato un concerto: “Ha telefonato Jane. Mark, il batterista dei Television Personalities, ha chiamato per dire che ci ha trovato una serata al Moonlight Club il 18 giugno. Il giorno prima il mio esame di inglese, non posso proprio. Dannazione”.
Vivevo alla giornata, presa in un vortice di cose eccitanti
Il lunedì successivo ho dato il mio primo esame di economia, a quanto pare “andato bene”, ma soprattutto abbiamo avuto la conferma che l’etichetta discografica Rough Trade voleva cinquanta copie della nostra cassetta. Il giorno dopo ho fatto la prova scritta su Shakespeare, che è stata “un disastro”, seguita due giorni dopo da un esame di storia andato “piuttosto male”, anche se compensato dalla notizia che la Rough Trade avrebbe mandato 25 copie della nostra cassetta in America. “Hanno detto che ci adorano!”.
Il sabato sera sono stata a una festa, dove ho pomiciato con un ragazzo che “ama il jazz, il blues e Parigi e canta in una band”; dopodiché, il lunedì ho dato un esame di inglese e ho comprato Going back to my roots degli Odyssey. Il martedì ho avuto l’ultima prova scritta di economia, di cui ho scritto solo un laconico “No comment. Venerdì 19 giugno ho fatto il tema su Chaucer, e con un disinvolto “FINE DEGLI ESAMI” sono partita per Londra per andare a vendere alcune cassette alla Rough Trade.
Venerdì 26 giugno è il giorno in cui ho lasciato ufficialmente la scuola. La sera prima ero stata al Lyceum a vedere il concerto dei Birthday Party, aperto da Vic Godard e Subway Sect. A scuola “ho ricevuto un buono libri di quattro sterline per inglese e storia”. Più tardi, quello stesso giorno, mi ha telefonato Gina delle Marine Girls e “mi ha letto una recensione di Beach party, veramente esagerata. Diceva che la mia voce aveva un futuro: ricca, controllata ed espressiva! Hahaha”.
Quello “hahaha” dice tutto. Visto a posteriori, tutto questo sembra l’inizio di una carriera, ma in realtà all’epoca non prendevo sul serio né la musica né la scuola, nel senso che non mi preoccupavo affatto del mio futuro accademico. Vivevo alla giornata, presa in un vortice di cose eccitanti come i concerti e la musica, scivolando sulla superficie delle cose noiose come la scuola.
I miei risultati sono usciti sabato 15 agosto: “A in inglese, C in storia, E in economia. Basteranno…?”. Un po’ tardi per preoccuparsi.
(Traduzione di Diana Corsini)
Questo articolo è uscito sulla rivista britannica New Statesman.