Posso incolpare solo me stessa. All’inizio del lockdown, mentre tutti si sono messi a seguire il programma di allenamento di Joe Wicks, si sono abbonati a Peloton e hanno cominciato a seguire corsi di zumba su Zoom, io mi sono comprata uno shaker per cocktail. Non sto dicendo che sia stato un errore, ma forse è indice del mio stato psicologico. Ho vissuto in maniera molto forte l’isolamento e il senso di privazione, così ho cercato di tirarmi su il morale.
Sembrava di essere stati privati di ogni cosa, così mi sono concentrata su piccoli momenti di euforia durante le giornate. Ho riempito la casa di cioccolata, biscotti, gelati, alcolici: ogni sera cucinavo qualcosa di buono e almeno una sera sì e una no facevo cocktail favolosi… tutto andava bene, fino al giorno in cui ho scoperto di non entrare più nei miei jeans.
Non cerco compassione, assolutamente, ma sono certa di non essere l’unica a trovarsi in questa situazione, quindi tra di noi possiamo concederci un po’ di clemenza. E la cosa sembra essere piuttosto sensata considerando che, lo stesso giorno in cui io non sono riuscita a infilarmi i jeans, il governo ha annunciato che l’intera nazione deve rimettersi in forma per essere pronta a un’eventuale seconda ondata dell’epidemia.
La lista fastidiosa
Mi irrita sentire una simile dichiarazione riguardo l’obesità da un governo che se ne infischia di riconoscere un qualche collegamento tra deprivazione e dieta, o tra l’austerità e le raccolte di generi alimentari organizzate dalle associazioni. Comunque, credo che dovrò aggiungere anche questa nella lista di cose riguardanti questo governo che trovo, diciamo così, fastidiose.
Magari riesco a mandar via la mia rabbia a pedalate, facendo una furiosa sessione sulla cyclette che abbiamo comprato qualche settimana fa. Be’, Ben la ha comprata. “Non mi piace la cyclette”, gli ho detto mentre la ordinava, quindi immagino che alzerà gli occhi al cielo alle mie spalle quando mi vede passare ore e ore in un angolo del salotto a emulare Bradley Wiggins.
Non è che vada matta per fare la cyclette, comunque. Come tutti i tipi di allenamento, di base è noioso e può essere reso tollerabile solo dalla creazione di un’apposita playlist, che aumenta mano a mano il numero di battiti al minuto per darmi energia e motivazione. È assolutamente impossibile non desiderare di muoverti quando nelle orecchie suona Hot boyz di Missy Elliot seguita da About you now delle Sugababes, e poi Blondie, The Strokes, Cameo e Loose Ends.
Provo a ballare mentre pedalo e mi viene in mente che forse andare a ballare è la cosa che al momento mi manca di più
Queste compilation creano ottimi abbinamenti casuali di brani. E così da Antmusic si passa armoniosamente a Free man in Paris di Joni Mitchell, da The boys of summer di Don Henley a Roar di Katy Perry e da Perfect places di Lorde si passa a Alphabet St. di Prince. E con questo riesco a distrarmi dal fatto che sto facendo una faticaccia.
Tolgo le mani dal manubrio e provo a ballare mentre pedalo e mi viene in mente che forse andare a ballare è la cosa che al momento mi manca di più. Non che io vada per locali così spesso, ma è sulla pista da ballo che riesco a provare quella febbrile euforia, quel misto di intimità e connessione con l’altro che si prova entrando in una stanza piena di estranei, tutti rapiti dalla potenza della musica, dalle vibrazioni del momento.
Non riesco nemmeno a immaginare quando sarà la prossima volta che potrò farlo, immagino che club e discoteche saranno gli ultimi locali a riaprire. Chissà quando potremo di nuovo respirare, cantare e sudare in uno spazio affollato senza correre pericoli. Questo pensiero mi rattrista.
Più tardi, parlando con mia figlia, le dico che mi manca ballare. Lei mi passa immediatamente il suo cellulare, che ha Instagram aperto sul profilo di Ryan Heffington, un ballerino e coreografo di Los Angeles che in questo periodo tiene corsi online che sono anche un fantastico allenamento. Il motivo per cui mia figlia ha quella pagina Instagram aperta è che una sua amica le ha appena mandato il link con il messaggio: “Oh mio Dio, guarda! Questi sono i tuoi genitori!” e in effetti tra le tracce usate in quella fantastica sessione di danza c’è Missing.
Mi era già capitato di ballare su una mia canzone, ma credo proprio sia stata la prima volta che mi ci sono allenata. Ho scritto altre volte della sensazione che provo quando sono in un locale e mettono un nostro pezzo. Non sempre lo riconosco all’istante, soprattutto quando si tratta di un remix che non conosco, ma poi arriva la mia voce. “Una voce che canta e capisco che sono io”. Questo è quanto di più vicino a quella sensazione che potrò provare per un bel pezzo, dovrò farne tesoro e farla fruttare.
(Traduzione di Mariachiara Benini)
Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.
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