Dopo alcune anticipazioni la Commissione europea ha pubblicato il 22 dicembre il sesto rapporto Progress towards the Lisbon objectives in education and training. Fonti autorevoli avevano già segnalato il ritardo dei paesi europei, con l’eccezione di Finlandia e Polonia, nell’attuazione degli obiettivi fissati nel 2000 per il 2010 in materia di istruzione.

Il rapporto conferma ritardi e progressi e propone di spostare il traguardo al 2020. Questa è la notizia che ha avuto più eco. Ma il rapporto è ben di più. In duecento tavole statistiche e grafici riesce a integrare fonti e indagini a volte eterogenee, e offre per i singoli paesi europei (spesso confrontati con Giappone e Stati Uniti) il quadro comparativo più completo dello stato dell’istruzione e formazione, dall’infanzia all’università e all’apprendimento per tutta la vita in rapporto a demografia, forza lavoro, economia.

In premessa, cercando di evitare un eccessivo pessimismo, sono indicati alcuni “messaggi”. Aumenta al 24 per cento la quota di cattivi lettori di 15 anni (l’obiettivo per il 2010 era del 20 per cento). Cresce il life long learning in Danimarca, Svezia, Islanda, Finlandia, Gran Bretagna, Paesi Bassi. I laureati (40 per cento in Giappone e Stati Uniti) solo in Finlandia arrivano al 35 (7 in Italia). I paesi Ue devono investire diecimila euro in più per studente all’anno per colmare il divario con le università americane. Aumentano i laureati in matematica e scienze, ma restano basse le competenze matematiche dei quindicenni.

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