Dopo un’esperienza pilota nel 2007, il Centro svizzero di coordinamento della ricerca educativa ha avviato una serie di rapporti quadriennali sul sistema di istruzione del paese. Il primo rapporto, curato da Stefan Wolter, direttore del Centro, è stato presentato a febbraio e ora è all’esame di governo federale, cantoni, scuole e insegnanti. In trecento pagine emergono punti di forza e debolezze del sistema, dalle scuole dell’infanzia all’istruzione superiore e degli adulti.
Più dei grandi paesi europei la Svizzera ha quote alte di immigrati, che la scuola sa integrare. Molto discusse sono le proposte come l’aumento degli alunni per classe, alcune riduzioni di orario nelle secondarie, l’introduzione dell’inglese dalle elementari accanto a due delle quattro lingue federali, carico sulle imprese del 50 per cento della spesa per l’istruzione degli adulti.
Scelte sagge sono la periodicità quadriennale del rapporto, che permetterà di valutare bene persistenze e variazioni, e la natura complessiva dell’analisi. La singola scuola e tanto più l’intero sistema scolastico di un paese sono al centro delle influenze che esercitano società, classi politiche e amministrative, cultura umanistica, scientifica, tecnologica. Per quanto autonome le scuole non possono sottrarsi a queste influenze. Osservare il funzionamento delle scuole in termini di costi o di livello delle prestazioni degli alunni, come rischiano di suggerire alcuni rapporti Ocse, porta a valutazioni restrittive e fuorvianti.
Internazionale, numero 843, 23 aprile 2010
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