La cultura d’un paese deve ringraziare se un occhio straniero s’impegna a osservarla. Dall’immagine in uno specchio alieno c’è sempre qualcosa da ricavare, fosse solo per capire le ottiche altrui. Grazie dunque all’Economist per il lungo rapporto sull’Italia d’oggi. Qualche considerazione meritano i capoversi dedicati all’istruzione. Qui il nostro orgoglio nazionale è salvo. Se l’Economist avesse attinto ai dati delle due indagini internazionali sul livello effettivo di alfabetizzazione degli adulti in una dozzina di paesi del mondo, avrebbe trovato le percentuali di adulti che, usciti da scuola, nella vita extrascolastica si dealfabetizzano: il 38 per cento della popolazione italiana in età di lavoro ricade in condizioni di analfabetismo, il 33 per cento è a rischio e solo il 19 per cento conserva i livelli minimi di competenze necessarie in società moderne.
L’Ocse ha promesso che nei prossimi anni estenderà l’indagine a tutti i paesi che aderiscono. Vedremo se, oltre alla Sierra Leone, c’è qualche paese in condizioni peggiori della nostra. Omettere questo sfondo impedisce di capire alcune cose: dell’economia (il suo ristagno ventennale), della scuola, che lavora in salita e solitudine, della vita sociale (il familismo, la miopia diffidente). Un onesto britannico, che non sia Eric Hobsbawm o Paul Ginsborg, nemmeno immagina che si diano simili fenomeni di dealfabetizzazione, da collegare al resto per capirci qualcosa.
Internazionale, numero 903, 24 giugno 2011
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