Quanto vale una lingua? L’annosa questione della lingua da usare nei brevetti europei, un misto di esigenze economiche e di orgogli nazionali, ha spinto a cercare di monetizzare una risposta. Ma per la lingua dei brevetti costi e profitti sono valori provvisori, varianti col mutare delle procedure dell’ufficio brevetti di Monaco e dell’Unione europea. Porta invece a valutazioni meno instabili un’indagine di Bloomberg, l’agenzia specializzata in ranking e informazioni finanziarie, che ha cercato di stabilire quale sia oggi nel mondo la lingua straniera più utile per affaristi e imprenditori.
Come ha riferito John Lauerman, al primo posto c’è ovviamente l’inglese, seguono cinese mandarino, francese, arabo, spagnolo, russo, portoghese, giapponese, italiano, tedesco, coreano, turco. Ma una lingua non serve solo per scrivere brevetti o fare affari. L’impegno di tempo, danari e fatiche per studiarne una esige anche altre motivazioni. Le coglie meglio la Modern language association, che nel dicembre 2010 ha messo in rete un rapporto, firmato da Nelly Furman, David Goldberg e Natalie Lusin, per aggiornare l’indagine già fatta in anni passati sulle scelte di lingue straniere nelle scuole degli Stati Uniti. Apre la graduatoria lo spagnolo (che da solo sopravanza tutte le altre). Seguono francese, tedesco, amerslan (la lingua dei segni dei sordi statunitensi), italiano (il cui studio è in espansione), giapponese, cinese, arabo, latino, russo, greco antico, ebraico biblico, portoghese, coreano.
Internazionale, numero 926, 2 dicembre 2011
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