Nella vita normale apprezziamo le persone per quel che sanno e sanno essere e fare. Una parte degli adulti, giornalisti di grido, elzeviristi, politici, fatica a capire che lo stesso può e deve valere nei processi educativi, soprattutto nella fase dell’istruzione obbligatoria. Di questa la Spagna, come altrove in Europa, è andata alzando il termine dalla fanciullezza all’adolescenza, dalle elementari (6-12 anni) a cinque anni di secondaria (12-16). Dagli anni novanta la pratica degli insegnanti e poi due leggi recenti (2002, 2006) hanno saggiamente stabilito che gli alunni possono ottenere il certificato della Educación secundaria obbligatoria (Eso) anche con due suspensos, cioè anche restando indietro in due materie, purché le due non siano la lingua materna e matematica.
In mancanza di statistiche ufficiali, dati forniti dalle “autonomie” (le regioni) dicono che l’80 per cento degli allievi supera la Eso senza suspensos, un buon risultato guardandolo da Francia o Italia. Ma il ministro dell’educazione, José Ignacio Wert, non è contento e dopo l’estate vuol portare in parlamento una legge che imponga agli alunni la sufficienza in ogni singola materia (El País, 2 maggio 2012). La buona idea di tener d’occhio la media complessiva dei punti è esecrata dal ministro, ma anche da un’associazione dei genitori cattolici: bisogna educare ragazze e ragazzi allo esfuerzo perché la vida es así, siamo nati per soffrire. Per ora la comunità educativa e la stampa paiono molto critiche.
Internazionale, numero 948, 11 maggio 2012
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