In Francia da questo settembre i futuri insegnanti, dai maestri ai professori, andranno a scuola per imparare come insegnare la loro materia frequentando una delle nuove trenta Écoles supérieures du professorat et de l’éducation (Espe).
Qualcuno si scandalizza, ma, se ci si riflette, ha torto. Conoscere a fondo un argomento è necessario, ma non sufficiente per saperlo esporre con chiarezza ad altri che lo ignorano. Anzi, chi è ben addentro a una materia nell’esporla rischia di tacere aspetti e passaggi ovvi per lui ma non per altri. Ma anche il sapere esporre con chiarezza una materia non basta a creare interesse per essa, a spingere altri a studiarla e impadronirsene, non basta, insomma, a insegnarla.
Preparazione nella materia e capacità espositiva non bastano, una volta che si è messi in un’aula, davanti agli allievi. Ci vuole un di più e da molte parti ci si affatica per identificarlo, il di più. Per esempio, dopo molto lavoro, una grande centrale di formazione degli Stati Uniti, Teach for America, ha concluso: l’insegnante dev’essere un leader, sapersi mettere alla testa del manipolo di studenti per trascinarli alla conquista della cittadella del sapere. In Francia (come si fece in Italia per le soppresse Ssis, Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario) pensano a un anno in comune di approfondimento della didattica d’una materia e a un anno di tirocinio nelle scuole, guidati da insegnanti già esperti, magari per rubargli i segreti del mestiere. Che è la scuola migliore.
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