Ero andato volentieri a insegnare nelle scuole britanniche all’estero: ottima retribuzione, allievi “placidi”, di classe alta, colleghi selezionati. Ma mi è parso un tradimento e sono tornato nel Regno Unito in prima linea.

Così un insegnante si è confidato al Guardian nella rubrica Secret teacher (14 giugno). Impegno di insegnanti e discreti risultati dei test scolastici di profitto non bastano a garantire un buon livello all’intera popolazione. Secondo l’Ocse più di metà degli adulti britannici è sotto il livello minimo di comprensione dei testi e di calcolo e conoscenze scientifiche. Le scuole si scontrano con le ondate migratorie. Il pae­se è il terzo in Europa come meta di immigrazione, le comunità immigrate hanno un tasso di natalità maggiore dei nativi e le scuole, specie le primarie, si affollano di bambine e bambini immigrati.

Le classi di primaria non dovrebbero superare i trenta alunni. Ma l’arrivo di immigrati e la crescita della natalità mettono in crisi le previsioni. Nell’annuale censimento scolastico del gennaio scorso risulta che più del dodici per cento delle classi è sovradimensionato. Rischiano di pagarne le conseguenze gli stessi alunni immigrati: su oltre quattro milioni di allievi di primaria i bambini di famiglie immigrate sono quasi il 30 per cento, il 25 nella secondaria. Il risultato è che più d’un milione e duecentomila alunni non parlano inglese come prima lingua e stentano. Questo, unito al sovraffollamento, rende difficile il cammino della scuola.

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