Lo studio di Robert Barro e Jong-Wha Lee sulle correlazioni mondiali tra scolarità e crescita economica ora è anche stampato: un regalo di Oxford press agli amatori del cartaceo. Si rifà a questa versione up-to-date il lavoro di altri due economisti, Eric Hanushek, statunitense, e Ludger Woessmann, tedesco (Science, 21 gennaio). Già Barro e Lee avevano mostrato che gli indici di scolarizzazione sono in relazione con la crescita economica più nei paesi ricchi che nei paesi poveri. Bisogna guardarsi dal trattare la scuola come un corpo isolato dal contesto sociale.
Hanushek e Woessmann richiamano l’attenzione su due aree: l’Asia orientale (con l’eccezione delle Filippine) con il crescere della scolarità ha visto aumentare di nove volte il benessere economico dei figli rispetto ai padri, l’America Latina solo due volte. Analizzando più a fondo due casi, Shanghai e Honduras, con ben diversa crescita, Hanushek e Woessmann individuano un fattore qualitativo: nei test di profitto in matematica e scienze, a pari livello scolastico, i ragazzi honduregni sono sei anni più indietro dei ragazzi di Shanghai.
Per spiegare la variabilità delle correlazioni tra scolarità e crescita economica bisogna guardare non solo a quanti anni di scuola supera una popolazione, ma anche alla qualità delle competenze raggiunte. Competenze deficienti limitano la crescita. Ma forse innalzarle non basta se, come in Italia, le imprese non apprezzano laureati e ricerca.
Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2016 a pagina 95 di Internazionale, con il titolo “Catalano a Shanghai”. Compra questo numero| Abbonati
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