Sul blog di Bilbolbul, il festival del fumetto che si svolge a Bologna dal 20 al 23 novembre, compare un ironico reportage intitolato Alternative Comic is the new Rock’n’Roll. È un “servizio fotografico degno di un’inviata di Vanity Fair a un party” in cui l’autrice Sara Pavan segue il fumettista Tuono Pettinato in un fantomatico albergo di lusso, tra orde di fan a caccia di autografi e selfie, e vip come Morgan che emozionati rendono omaggio al prestigioso vicino di stanza, “perché ormai sono i fumettisti le vere star!”.

Appena qualche settimana fa, Tuono Pettinato ha vinto il premio come Miglior Autore Unico all’ultimo Lucca Comics & Games. Nella giornata inaugurale di Bilbolbul gli è stato dedicato un apposito spazio all’interno del convegno intitolato Editoria senza editori – pubblicare fumetti oggi, di cui da queste parti vi ha già parlato Christian Raimo.

Insieme all’inverosimile star a cui si devono piccoli classici come il recente Nevermind (dedicato a Kurt Cobain) e Garibaldi (dedicato a… be’, a Garibaldi, che domande), sedeva quello che di Tuono Pettinato è contemporaneamente collaboratore storico, fratello elettivo, rivale affettuoso e compagno di avventure: Francesco D’Erminio in arte Ratigher. Entrambi sono membri del collettivo Fratelli del Cielo, un ragione sociale dal retrogusto new age che da qualche tempo ha sostituito l’altrettanto frivola sigla Superamici; oggi come allora, a comporre il gruppo sono, oltre ai già citati Ratigher e Tuono Pettinato, i fumettisti Dottor Pira e Maicol e Mirco. LRNZ, l’altro fondatore storico del collettivo, ha abbandonato i compagni pochi mesi fa.

Tuono Pettinato, Apocalypso.

Nel convegno inaugurale di Bilbolbul, Ratigher e Tuono Pettinato sono stati protagonisti di un incontro-dibattito opportunamente chiamato Tattiche d’autore – Il percorso di due autori tra autoproduzione ed editoria tradizionale. Non ero presente all’incontro e non so di cosa la coppia abbia parlato, ma ho come idea che un titolo ugualmente plausibile avrebbe potuto essere, chessò, Ratigher e Tuono Pettinato: dall’underground a Dylan Dog. Oppure, perché no, proprio Alternative Comic is the new Rock’n’Roll, una formula che, hotel di lusso a parte, sembra volutamente ammiccare alla più classica delle retoriche “dalle cantine al grande pubblico”.

In effetti tutti i componenti del gruppo Fratelli del Cielo hanno, in tempi diversi e ciascuno alla sua maniera, “compiuto il balzo”: hanno cominciato fotocopiandosi fanzine stampate in poche decine di copie, e sono finiti a collaborare per testate a grande diffusione come la Repubblica XL, a pubblicare libri per Rizzoli, e a firmare copertine e sceneggiature per Sergio Bonelli Editore. È un percorso che se vogliamo si inserisce nella più generale new wave del fumetto indipendente a trent’anni dai trionfi di Pazienza e Frigidaire, testimoniata dal successo di nomi come Gipi e Zerocalcare, e ben raccontata dalla stessa Sara Pavan in un volume uscito lo scorso marzo per Agenzia X e intitolato Il potere sovversivo della carta.

Quello di Sara Pavan è un buon ritratto delle varie anime che attraversano gli alternative comics italiani degli anni duemila: ci sono autori ben noti al pubblico indie come Alessandro Baronciani, Francesco Cattani, Alessandro Tota, MP5, e lo stesso Zerocalcare. E poi ovviamente c’è Tuono Pettinato. Sono quasi tutti nomi che nell’ultimo decennio hanno riempito le pagine di testate piccole ma (ahem) “di culto” come Canicola, Delebile, Teiera, Hobby Comics, e che arrivavano dopo una fase tuttora misconosciuta del fumetto underground nostrano, quella che tra anni novanta e primi duemila fu tenuta in vita da esperienze come l’Happening Internazionale Underground e da riviste come Interzona, Kerosene, Katzyvari, e letteralmente decine di altre.

Quel mondo sotterraneo e semiclandestino, popolato da autori come Maurizio Ribichini, Ale Staffa, Gianluca Costantini o David Vecchiato (ora alle prese con un percorso si direbbe fortunato nel campo della street art di stampo pop-surrealista) è come rimasto ai margini, schiacciato tra il peso di un’era mitologica come quella di Cannibale e Frigidaire, e il progressivo affermarsi di una nuova generazione di autori che, come ebbe a dirmi Gianluca Costantini in una vecchia retrospettiva per XL, “dall’underground sono passati all’indie”. Il che in buona misura ha significato un approccio sempre eterodosso ma più “educato” nei confronti del fumetto, una poetica in larga misura più intimista che in passato, e in alcuni casi il recupero dei vezzi, delle preoccupazioni, o perché no dei cliché per definizione associati al “fumetto d’autore”.

In questo senso, la vicenda Superamici-Fratelli del Cielo ha significato più un’eccentricità fuori programma che un’espressione rappresentativa della tipica estetica indie anni duemila. Per quanto mi riguarda, a sorprendermi non è tanto che Ratigher firmi sceneggiature per Dylan Dog o che Tuono Pettinato sia finito “su major”. Che si tratti di due dei fumettisti più apprezzati della loro generazione è un dato di fatto, e se proprio vogliamo tornare al paragone col più vetusto rock’n’roll, è così che succede: prima ti fai un nome “dal basso”, e poi lentamente… ma sì, emergi.

Quello che in realtà più continua a sorprendermi è l’anomalia che per circa un decennio gli ex Superamici hanno incarnato perfino in un ambiente sotterraneo come quello del fumetto indipendente. E come quell’ambiente alla fine li abbia non solo accettati, ma implicitamente eletti a piccoli paladini outré.

In Il potere sovversivo della carta Tuono Pettinato la racconta così:

Quando Ratigher e io abbiamo capito di voler fare fumetti abbiamo scoperto che esisteva una vasta comunità di sciroccati che come noi voleva un fumetto diverso da quello mainstream, ma anche da quello underground intellettualoide. (…) La nostra spinta nasceva dalla constatazione che lo spirito generale del mondo dei fumetti non rispecchiava quello che volevamo fare noi, visto che anche nell’underground iniziava a imporsi una tendenza alla serietà (…) Poi abbiamo scoperto che esistevano altri canali, oltre a quelli delle fumetterie e delle librerie, come per esempio la comunità punk in cui giravamo con il gruppo. È grazie ai concerti che siamo riusciti a portare le nostre deliranti autoproduzioni in giro per l’Italia.

Il mio primo contatto con quelli che sarebbero diventati i Superamici risale al 2003, quando andai a trovare LRNZ e il Dottor Pira in un non meglio identificato ufficio in zona Trastevere (almeno mi pare di ricordare), mentre preparavano il primo e unico numero di Turboamico, una stranissima rivista che insieme ai fumetti della coppia conteneva surreali articoli come “Michel Montegrossa, il messia del cyber rock” e “Il quadrato, la forma del mondo”.

Era una rivista che non aveva paragoni con nessun esperimento coevo, nemmeno tra quelli che affollavano l’underground del periodo: tutto sembrava tenersi in bilico tra bizzarria vagamente fantasy e demenza bella e buona, e poi c’erano storie come Gimba, il campione mascherato di minigolf, uno dei primi capolavori del Dottor Pira (all’epoca, un nome già familiare agli appassionati di stranezze grafiche per via dei suoi Fumetti della gleba).

Nello stesso periodo, il terzetto composto da Ratigher, Tuono Pettinato e in seguito Maicol e Mirco gira tra concerti punk portandosi appresso una distribuzione chiamata Donna Bavosa, che per circa un terzo è occupata proprio dai fumetti del Pira. A quel punto l’unione tra i due gruppi è nelle cose: al posto delle fiere preferiscono i concerti grindcore, pubblicano storie che “peggio sono fatte e meglio è”, e condividono un immaginario che, di nuovo secondo Tuono Pettinato, si compone di “un mix di giocoso e macabro, tra minigolf e merende”.

Maicol e Mirco.

Ciascuno evidentemente ha il suo stile, coprendo uno spettro che va dalle dettagliatissime tavole di LRNZ ai veri e propri scarabocchi di Maicol e Mirco, autori per inciso di “capolavori insuperati” come “la storia del tizio che muore in poltrona e per dodici pagine c’è solo lui, morto in poltrona” (ancora Tuono Pettinato in Il potere sovversivo della carta). Ma tutti sono degli oustider di quel pianeta già di per sé profano che è il fumetto indipendente pre-Gipi/Zerocalcare.

La cosa curiosa è che proprio in virtù del loro status di outsider, i Superamici (la sigla Fratelli del Cielo arriverà solo nel 2013) si conquistano un seguito che fin da subito esula ampiamente i recinti dei fan degli indie-comics. Per certi versi, personaggi come Ratigher e il Pira sono stati veramente delle star di quel sottobosco che senza soluzione di continuità mescolava musiche estreme, poster in stile art brut, dotte dissertazioni su ufo & dinosauri, e compilation di sigle dei videogiochi 8bit – uno spaccato generazionale sommerso, per cui nessuno ha finora trovato definizione certa.

I fumetti della gleba di Pira, sia nella loro versione cartacea (ovviamente fotocopiata male) che online, sono forse il più bislacco, inattendibile, trasversale e diffusissimo testo di formazione degli anni duemila. Prima o poi qualcuno si dovrà occupare di antologizzarli, opera suppongo impossibile dacché a occhio si tratterebbe di un volume di un migliaio di pagine, per giunta disegnate male. Nel frattempo comunque ha provveduto il piccolo editore Corpoc a raccogliere alcuni episodi di Batma e Robi (senza n), due tra i più popolari eroi della serie.

Ratigher, Trama.

Col tempo, arriveranno titoli rimasti piccoli classici dell’editoria indipendente come l’antologia Apocalypso di Tuono Pettinato, con protagonisti “il Papa e il Gabibbo, Wolverine e capitan Uncinetto, Rita Pavone e l’uomo che non aveva compleanno”; oppure Trama di Ratigher, un ammiratissimo horror che Roberto Recchioni ha descritto come “una fucilata in mezzo agli occhi”. Ma il capolavoro resta per me Gatto Mondadory di Pira, che considero sul serio come il più importante fumettista italiano della sua generazione – opinione tra l’altro meno isolata di quanto si pensi.

Dr. Pira, Gatto Mondadory.

La poetica (diciamo così) di Pira è ben riassunta dallo stesso autore in un’intervista video rilasciata a Vice: “Un personaggio di colpo muore. Oppure un personaggio di colpo diventa nano, tira fuori dei diamanti dal naso, diventa ricco e finisce la storia (…) Più che una poetica e una specie di metodo sperimentale”. Gatto Mondadory per esempio (tre volumi finora pubblicati; il terzo è una raccolta di figurine…) è un’irraccontabile saga fantasy-demenziale, suppongo ispirata da quelle che sono le note passioni del suo autore: letteratura ufologica di serie Z, escursionismo, trekking, black metal e biciclette.

Il tratto ricorda il Mark Beyer dei tempi di Raw, la storica rivista di Art Spiegelman, ma l’importanza di Pira sta soprattutto nell’essere stato uno dei pochissimi in Italia ad aver gettato un ipotetico ponte con la più recente scuola americana che fa capo all’editore Picturebox, e ben rappresentata da fumettisti weird come Mat Brinkman, Christopher Forgues, Brian Chippendale, o anche Johnny Ryan (al tema, dedicai un piccolo speciale in più puntate apparso su minima&moralia).

Per buona parte degli anni duemila, la scuola Picturebox ha rappresentato uno dei fenomeni più importanti nel campo degli alternative comics statunitensi, e il suo esempio ha esercitato un’enorme influenza anche su tutto il giro Superamici, come più volte ribadito dai vari Ratigher, Tuono Pettinato, e ovviamente Pira. Ma quell’estetica caotica e surreale, infarcita di rimandi al cinema di serie B, ai giochi di ruolo, alla fantascienza e al fantasy, è quasi il negativo assoluto dell’intimismo indie tipico della new wave del fumetto italiano. È anche per questo che Tuono Pettinato e compagni rappresentano un’anomalia: è come se per dieci anni avessero guardato da un’altra parte, fino a scoprire un po’ a sorpresa che, accidenti, era la parte giusta.

Pira sostiene che “vorrei trovare qualcuno che faccia i fumetti che piacciono a me, ma l’unico modo che finora ho trovato è stato disegnarmeli da solo”, il che suona un po’ come un’esplicita dichiarazione di alterità nei confronti di quel panorama fumettistico che fa capo a editori come, per non fare che un esempio, la raffinatissima Canicola (che pure è stata tra i pochi in Italia a dare spazio agli autori Picturebox). Non voglio in alcun modo suggerire fratture e rivalità alla prova dei fatti inesistenti, eppure nel solito Il potere sovversivo della carta c’è un passaggio in cui Tuono Pettinato descrive bene la differenza di temperatura che separa i Fratelli del Cielo dalle più composte pose dei colleghi indie: “Ho disegnato un finto Baronciani (…) che poi si è rubato lui. In quel fumetto c’erano tutti i suoi elementi tipici, Pesaro, le musicassette, i falò sulla spiaggia, il lungomare con il treno che passa, ma a un certo punto arrivava Godzilla e distruggeva la città”.

Può essere letto come un gesto dal sapore iconoclasta, una provocazione punk o anche una presa per il culo bella e buona; in realtà era un amichevole omaggio che quasi sembrava contenere una richiesta implicita: “Nel finale Godzilla scriveva una lettera a Baronciani che finiva così: Mi piacciono tanto i tuoi fumetti, mi puoi mettere nelle tue storie?”.

Ecco, magari Baronciani nelle sue storie Godzilla non l’ha messo (almeno che io sappia), ma intanto quelle creature mostruose, quelle storie tutte storte e strane, quei personaggi improbabili che parlano come un infante a cui per sbaglio è stata somministrato un allucinogeno, sono diventati un ingrediente fondamentale del famigerato “nuovo fumetto italiano”.

Valerio Mattioli è un giornalista e critico che scrive per diversi giornali. È anche metà del duo death surf Heroin In Tahiti.

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