Fino a sette anni avevo una sola identità: quella di un bambino. Trasferendomi in una città più grande della Romania, mi è apparso subito chiaro che non ero un bambino romeno “normale” ma un bambino “zingaro”, che i romeni sopportavano. Lavorando duro per anni, sono stato promosso da “zingaro puzzolente” a “zingaro”, poi da “zingaro tutto sommato ok”, a “zingaro buono”, a “rom” e infine a romeno e a “romeno di cui andare fieri”, titolo con il quale sono stato battezzato da una tv della Romania. Non preoccupatevi, è solo un titolo onorifico. Qualsiasi romeno che ho fatto incazzare potrebbe richiedere una rivalutazione e degradarmi di nuovo. Alla fine del 2013, sono stato canonizzato “cittadino dell’Europa” ricevendo un riconoscimento dal parlamento europeo.
È forte essere uno zingaro. Far parte di una minoranza etnica così avvantaggiata: un po’ animali e un po’ uomini, in parte maghi, davvero una cosa meravigliosa! Siamo le sfingi viventi, i Pan e i centauri d’Europa. La maggior parte della gente è stata gentile con noi per secoli, ha fatto del suo meglio per addomesticarci. Ci è voluto tanto tempo per domarci. Parte integrante del programma è stato l’accesso illimitato al lavoro per oltre 500 anni. Tutto questo ci ha resi così felici che abbiamo deciso di farlo volontariamente, talvolta persino incatenati. Durante il ventesimo secolo abbiamo viaggiato liberamente – completamente a carico di alcuni generosi governi europei – verso destinazioni esotiche come Auschwitz, Buchenwald e la Transnistria. Ci siamo però comportati male e ci siamo lamentati ingiustamente della qualità dei trasporti, del cibo e del trattamento mettendo in imbarazzo i nostri benefattori. Nessuna meraviglia dunque se alcuni europei siano ancora così arrabbiati: sembra che non abbiamo imparato nulla da quelle esperienze e continuiamo a lamentarci di “cose stupide come il razzismo e l’esclusione”. Senza contare che buona parte di quegli europei continuano ad augurarci il meglio… in paradiso. Quello di Hitler, di Horthy e di Antonescu. È così!
Quello che la gente pensa di noi ha maggior potere della scienza o dei fatti reali
In quanto zingari, siamo veramente fortunati ad avere tutti le stesse caratteristiche. Nella nostra razza mancano alcuni tratti individuali: facciamo del nostro meglio per soddisfare il bisogno di semplicità e chiarezza dei nostri fan e signori. Cerchiamo di evitare la confusione e lo spreco di energie vitali da parte dei cervelli dei nostri ammiratori impiegati nella connessione di nuove sinapsi. Lo facciamo in modo molto semplice, incorporando nel nostro dna gli attributi principali proposti dai nostri domatori ed educatori: pigrizia, stupidità, criminalità, gusti kitsch, attitudine alla menzogna, incompetenza e aggressività. A qualcuno di voi potrà sembrare poco scientifico ma non dimenticate che siamo un popolo di indovini e maghi, i cui bambini non si ammalano mai. Quello che la gente pensa di noi ha maggior potere della scienza o dei fatti reali.
Quello che a prima vista potrebbe apparire come odio, disgusto ed esclusione è in realtà frutto di fraintendimento o di interpretazioni malevole di quella che in realtà è un’espressione d’amore finalizzata al miglioramento della nostra istruzione. Molti europei per spiegare i rapporti che intrattengono con noi dicono: “Ciò che non ti uccide, ti rafforza”. Questa ossessione del renderci più forti non si registra solo nei discorsi di numerosi politici, ma è presente anche in varie azioni purificatrici (il fuoco o il “santo” pestaggio sono le più comuni) condotte da gruppi di “insegnanti” volontari.
Lungo la storia, impiccagioni, mannaie, forche, camere a gas, deportazioni forzate, inedia e, più recentemente, le pallottole, hanno aumentato l’efficienza dei metodi educativi.
In quanto zingari non abbiamo responsabilità individuali. Siamo tutti responsabili del peggio di qualsiasi membro della nostra comunità. Di ogni idiozia detta da leader autoproclamatisi, re, imperatori, principi o (se fortunati) zingari diventati rappresentanti che parlano a nome di tutti noi.
La corruzione, la violenza e sociopatia di alcuni dei maggiori leader europei (tutti democraticamente eletti) sono invece regolate da leggi sorprendentemente diverse che attribuiscono la responsabilità di tali comportamenti unicamente ai singoli individui. Anche questa è una prova della benevolenza delle nostre “nazioni ospite”. È ampiamente risaputo che abbiamo “diluito” il sangue onesto, intelligente e blu-verdognolo di molte nazioni europee che ci hanno offerto ospitalità illimitata.
Ogni tanto uno di noi zingari cade dal suo regno magico e finisce per essere generosamente accettato dai suoi connazionali come cittadino onorario. Io stesso ho goduto di tale fortuna. L’ho raccontato prima.
Questo status elevato richiede alcune cosette come l’accettazione della piena responsabilità del razzismo sistematico di cui siamo noi stessi vittime. Lo deve fare ogni zingaro insignito della cittadinanza onoraria. Dobbiamo essere estremamente cortesi, diplomatici e difendere la maggior parte della popolazione ospitante ogni qualvolta accadono episodi di razzismo verso le nostre comunità, mentre allo stesso tempo dobbiamo essere duri e spietati verso gli errori della nostra “razza maleducata, sporca, scaltra e violenta”. Dobbiamo capire la situazione e promuovere il bisogno di un forte soffitto di cristallo perché gli incarichi di alto livello richiedono un grado di responsabilità e conoscenza non adatto a noi. Che altri decidano ciò che è buono e necessario per noi non è certo razzismo istituzionale, ma è semmai prova di amore (talvolta persino materno/paterno) e attenzione.
Relazioni complicate
Se tu (zingaro) godi della benedizione di avere una relazione affettiva con un membro di una delle razze europee superiori, è molto probabile che sarai incentivato a mantenere il riserbo sulla tua etnia. Nel migliore dei casi, lei o lui non si farà problemi per via delle tue origini e i suoi amici la/lo considereranno un esempio di tolleranza e gentilezza, prova della magnanimità della loro nazione verso gli “stranieri”. È vero che molti penseranno che il tuo partner sia una “puttana” o un “idiota”, e qualcuno penserà che tu o i tuoi parenti abbiate gettato su di lei/lui un oscuro sortilegio per farla/o innamorare di te. Ma a parte questo, non dovresti preoccuparti più di tanto: i roghi non sono così di moda come qualche secolo fa. La frase che ti capiterà di sentire, “cosa volevi aspettarti da uno zingaro puzzolente”, usata per indicare le tue origini è solo un modo gentile e garbato per ricordarti che il tuo processo di istruzione e addomesticamento è ancora in corso.
Certamente, io, come zingaro, sono un ipocrita a scrivere tutto questo. Il mio ruolo dovrebbe essere quello di “denunciare i criminali che si celano in mezzo alla mia gente”, di “educare i bambini puzzolenti che disgustano” gli “europei normali”, di fare qualcosa per “risolvere i problemi delle comunità zingare” e, la cosa più importante, di smettere di lamentarmi. Alla fine “sono tollerato qui dai gentili romeni/europei!”.
La prima volta in cui sono stato trattato da rom è stato negli Stati Uniti. Avevo detto, con riluttanza, ai miei colleghi di lavoro che ero uno zingaro. La loro reazione è stata inaspettata, almeno per me. Qualcuno pensava che fossi cool: poetico, romantico, musicista di talento, esotico e che vivessi nell’incessante ricerca di libertà e di magia. Si adattava perfettamente al mio lavoro: all’epoca compilavo noiosi algoritmi matematici.
In India mi sono sentito persino più strano, quando, trovandomi, in un treno affollato le persone si sono offerte di cedermi il loro posto: evidentemente a loro sembravo più bianco e più ricco. Ho rifiutato le offerte.
In Romania vengo ormai considerato da anni un romeno autentico. Ho successo e ricevo tanti riconoscimenti per quello che faccio, talvolta immeritati. Ho scelto di dire chiaramente che sono un rom e in genere la notizia viene accolta come dovrebbe essere: con rispetto. Ogni tanto vengo chiamato e trattato come uno zingaro ma accade molto di rado. Sfortunatamente ci sono molti giovani rom che non hanno la mia fortuna. Questo articolo è stato scritto per loro e riflette, tristemente, il dibattito in corso.
(Traduzione dall’inglese di Antonio Cavallaro)
Una versione di questo articolo è pubblicata nel libro di Valeriu Nicolae La mia esagerata famiglia rom (Rubbettino 2018). L’autore ne discuterà il 12 maggio 2019 al Salone internazionale del libro di Torino insieme ad Andrea Pipino, Mihaela Topala e Luigi Franco.
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