Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

Il Regno Unito non doveva partecipare alle elezioni europee perché doveva separarsi dall’Unione europea entro il 29 marzo 2019. Il nuovo Brexit party di Nigel Farage non perde occasione di ripeterlo. “May ha promesso per 108 volte di realizzare la Brexit”, si legge in un post del partito sui social network, “ma ci ha traditi. Non possiamo fidarci dei tory nella gestione della Brexit. Aiutateci a trasformare il 23 maggio nella fine di Theresa May. Cambiate la politica una volta per tutte. Votate Brexit”.

Nigel Farage è il politico con più talento del Regno Unito e sta usando le elezioni europee per lanciare la più significativa (e bugiarda) campagna politica dell’ultima generazione. Farage ha mostrato grande sagacia politica prevedendo che May non sarebbe riuscita a far approvare il suo accordo entro il 29 marzo e ha capito che questo fallimento avrebbe reso inevitabile un prolungamento del negoziato, costringendo il Regno Unito a partecipare alle elezioni europee.

Farage ha fondato il suo nuovo partito con grande anticipo, raccogliendo i fondi necessari e commissionando gli spot pubblicitari. Naturalmente non c’era alcun bisogno di preparare un manifesto politico. Un programma articolato, infatti, avrebbe distratto gli elettori dal messaggio di fondo: i parlamentari britannici hanno tradito il paese ignorando il risultato del referendum. “Votate Brexit”, ripete sorridente Farage, ex operatore di borsa reinventatosi uomo del popolo, “perché solo così cambierete una volta per tutte la politica britannica”.

La strategia ha funzionato e sicuramente cambierà la politica britannica. Ma non come pensa Farage. Secondo tutti i sondaggi il Brexit party dovrebbe ottenere più voti e seggi di tutti gli altri partiti. Resta da capire in che misura. I conservatori delusi e gli elettori della classe operaia traditi dai laburisti stanno passando a milioni dalla parte di Farage.

Il Partito conservatore ha perso ogni credibilità e a quanto pare non cerca nemmeno di riconquistarla. I tory non hanno presentato alcun manifesto in vista delle europee e si avvicinano a una catastrofe elettorale. Secondo le previsioni, finiranno alle spalle del Brexit party, dei Lib-Dem, dei laburisti e dei verdi, con la percentuale di voti più bassa nella storia moderna del paese. La crisi ha già sancito la fine del governo di Theresa May, che a giugno si dimetterà dalla carica di premier.

I britannici non sanno niente della lotta contro il populismo, della necessità di affrontare insieme la Cina e gli Stati Uniti

L’attenzione del dibattito elettorale sarà concentrata sulle problematiche interne. L’idea di restare in Europa e valutare il futuro dell’Unione non è nemmeno discussa. Il Brexit party vuole la separazione perché l’Europa è “una cosa brutta”. Dal canto loro le forze politiche che vogliono rimanere nell’Ue sono convinte che con la Brexit il Regno Unito potrebbe solo peggiorare la sua situazione a prescindere dai problemi del progetto europeo.

I britannici non sanno niente della lotta dell’Europa contro il populismo di destra, della necessità di affrontare collettivamente la Cina e gli Stati Uniti o della consapevolezza che soltanto lavorando insieme l’Unione europea riuscirà a portare un contributo significativo alla causa per il clima e a quella per l’occupazione.

Da questo lato della Manica il dibattito politico è crudo, viscerale, passionale e incentrato sui valori: nazionalismo contro internazionalismo, intolleranza contro tolleranza, istinto contro ragione. Alla maggioranza degli elettori non interessa tanto il contributo del Regno Unito al prossimo parlamento europeo, quanto l’impatto del loro voto sulla politica britannica.

Un passo indietro e due avanti
Un impatto che, innegabilmente, sarà enorme. In gioco c’è la sopravvivenza del conservatorismo, e la strategia scelta dai tory per provare a salvarsi è chiara: diventare il partito del nazionalismo di destra inglese sotto la guida di Boris Johnson, per riconquistare gli elettori passati al Brexit party e scegliere la via di una Brexit dura e senza accordo con l’Europa.

Johnson non è un unificatore. È un ciarlatano che creerà una spaccatura nel suo partito alla camera dei comuni e non riuscirà a ottenere una maggioranza parlamentare. Questo significa che nel giro di dodici mesi si tornerà alle urne, se non prima. È possibile che questi nuovi conservatori–nazionalisti inglesi di destra e alfieri di una devastante Brexit dura – riescano a vincere? Difficile, soprattutto contro un’opposizione ben organizzata.

Ma chi sarà il leader dei laburisti? Anche in questo caso l’impatto delle elezioni europee sarà enorme. Se i sondaggi saranno confermati, il Labour si piazzerà al terzo posto dopo il Brexit party e i Lib-Dem, il cui slogan “al diavolo la Brexit” ha catturato lo spirito delle manifestazioni per il Voto al popolo, regalando al partito un sostegno sempre maggiore.

Jeremy Corbyn ha cercato di tenere il piede in due scarpe: pur mantenendo una posizione euroscettica e accusando l’Europa di essere un club capitalista, ha guidato un partito fortemente contrario alla Brexit. Questo l’ha costretto a infiniti compromessi. Oggi Corbyn non piace a nessuno e si avvia verso un disastro elettorale. Presumibilmente riceverà critiche dal partito per la sua leadership ambigua e anonima e con ogni probabilità, nonostante tutti i suoi amici nella sinistra, perderà la guida del partito. In effetti, se i laburisti vogliono vincere la sfida con Johnson, devono sbarazzarsi di Corbyn.

Nel frattempo i Lib-Dem sono riemersi come forza elettorale di rilievo. Otterranno buoni risultati alle elezioni europee e da quel momento non sarà possibile formare un governo stabile senza il loro appoggio. Anche i verdi sono in ascesa, perché capaci di cogliere lo spirito dei tempi.

Dunque il prossimo non sarà un governo tory favorevole alla Brexit, ma sarà formato da una coalizione tra i partiti che vorrebbero restare nell’Unione. Le elezioni europee potrebbero portare al parlamento europeo trenta eurodeputati britannici nichilisti e fedeli alla Brexit, ma paradossalmente questo creerà una dinamica che si concluderà con un riavvicinamento del Regno Unito all’Europa. Un passo indietro e due passi avanti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

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