L’Avana è stata fondata 490 anni fa. Oggi ha due milioni di abitanti e un problema difficile da risolvere: i trasporti. Fino agli anni cinquanta c’erano i tram. Negli anni ottanta è stato presentato un progetto di costruzione della metropolitana. Doveva essere finanziato dall’Unione Sovietica, ma è finito nel cassetto dei sogni dopo il crollo del socialismo.

L’azienda incaricata dei lavori era proprio accanto a casa nostra, ma aveva fatto in tempo a gettare solo le fondamenta. Il cantiere è stato poi ricoperto per fare posto a un mercato di frutta e verdura. I trasporti pubblici si pagano in pesos cubani, ma non hanno orari: la frequenza con cui passano gli autobus oscilla tra i dieci e i quaranta minuti a seconda del giorno e degli imprevisti. Chi non può aspettare usa i taxi collettivi, veri e propri dinosauri che circolano nelle nostre strade.

Sono automobili statunitensi fabbricate prima del 1958 che sopravvivono grazie alla creatività dei meccanici e all’impossibilità di comprare auto nuove. Per prenderne uno bisogna pagare tra i dieci e i venti pesos, e si viaggia asfissiati dalle esalazioni di benzina e assordati dal rumore del motore.

I nuovi ricchi possono usare i mezzi che si pagano in pesos convertibili. Un percorso breve su queste macchine con l’aria condizionata può costare il salario settimanale di un operaio. Ecco perché sono usate soprattutto dai turisti o dai cubani emigrati in vacanza all’Avana. Nel resto dell’isola, invece, le persone si muovono in bicitaxi, su carri trainati da cavalli o a piedi, come ai vecchi tempi.

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