Il 25 aprile a Cuba si sono svolte le elezioni per scegliere i delegati che si occuperanno della gestione dei quartieri.
Alcuni giorni prima del voto sono state diffuse le liste dei cittadini maggiori di 16 anni con diritto di voto e le biografie dei candidati che sarebbero apparsi su ogni scheda. Ma nessun elettore ha potuto leggere i programmi degli aspiranti delegati.
Circa otto milioni e mezzo di cubani hanno votato sulla base del livello di istruzione dei candidati, dei loro successi sul lavoro o della loro partecipazione alla difesa della patria. Non sapevano, per esempio, se un candidato era favorevole a una maggiore apertura economica del paese o se voleva rafforzare il centralismo.
Una scelta obbligata
La propaganda ufficiale ha ripetuto allo sfinimento che i candidati non erano stati nominati da nessun partito politico e che la scelta dipendeva dai loro meriti. Ma non ha diffuso dei programmi che spiegassero come cercheranno di risolvere i problemi delle varie comunità.
Diventa inutile votare per qualcuno senza sapere se è favorevole alla liberazione dei prigionieri politici e all’eliminazione della dualità monetaria, o se invece appoggia il pugno di ferro e la schizofrenia del peso convertibile e del peso cubano.
Così molti miei connazionali hanno votato senza fermarsi a pensare chi stavano eleggendo. Non ci sono grandi differenze, perché il loro talento di amministratori è limitato, mentre il loro grado di fedeltà al governo è molto alto.
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