L’apparecchio radio che mi hanno regalato per il compleanno sonnecchia su uno scaffale, coperto dalla polvere. Non c’è motivo di accenderlo, non si sente praticamente niente. Nemmeno le stazioni cubane: la zona è piena di palazzi ministeriali e antenne usate per ostacolare le trasmissioni a onde corte che arrivano sull’isola. Mi illudo di poter ascoltare la Deutsche Welle, per mantenere vivo il mio tedesco. Ma dall’altoparlante esce solo un ronzio.
Viviamo nel mezzo di una guerra di frequenze radiofoniche. Radio Martí, che trasmette dagli Stati Uniti, cerca di intromettersi nel nostro spazio radioelettrico. Anche se vietata, l’emittente è estremamente popolare. Agli apparecchi radio in vendita nei negozi ufficiali viene tolto il modulo che permette di ricevere le trasmissioni straniere. Così non è raro vedere sui tetti di molti palazzi gli aggeggi che consentono di captare i segnali dall’estero.
Rinchiusi dentro casa, i cubani cercano la posizione migliore per superare le interferenze. Capita di vedere qualcuno disteso sul pavimento mentre cerca il punto esatto in cui le trasmissioni che arrivano da fuori riescono a sovrapporsi alla programmazione locale. Non importa cosa stanno trasmettendo dall’altra parte. Non importa se è un noiosissimo programma musicale, un notiziario in inglese o le previsioni del tempo di altre parti del mondo. L’importante è che suoni diverso, che sia lontano dal miscuglio di ordini e prosa senza libertà trasmesso ogni giorno dalla radio cubana.
*Traduzione di Andrea Sparacino.
Internazionale, numero 861, 27 agosto 2010*
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