Gli irrigatori umidificano il vasto terreno. L’erba è tagliata così corta da sembrare artificiale e i golf cart pieni di palline tirati a lucido sembrano usciti da un cartone animato. È tutto così perfetto che fanno male gli occhi. I nuovi campi da golf che cominciano a spuntare sull’isola suscitano lo stupore dei cubani, che conoscono meglio di chiunque altro il degrado e l’improvvisazione nel resto del paese.

La costruzione dei campi è stata accompagnata da molte discussioni sottovoce sull’opportunità di erigere degli spazi di lusso per i turisti durante la crisi economica. Ma l’ultima parola l’ha avuta il sesto congresso del Partito comunista cubano, stabilendo che i campi erano necessari per attirare visitatori dalle tasche più gonfie.

Anche se sono belle, queste distese verdi sollevano dubbi, e non certezze. La nostra diffidenza non è dovuta né a un rifiuto del golf né all’attaccamento al baseball, il passatempo nazionale. L’incertezza dipende dal fatto che questi luoghi di ricreazione paradisiaci sorgeranno in un paese segnato dall’inefficienza produttiva, dall’improvvisazione a tutti i livelli e dalla mancanza di qualità nella maggior parte dei servizi.

Con i loro green perfetti e una costante pioggia nebulizzata, i campi da golf aumenteranno il contrasto tra la Cuba turistica e quella reale, tra le persone che lanciano le palline bianchissime e quelli che possono solo stare a guardare dall’altra parte della recinzione.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 901, 10 giugno 2011*

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