Nel senato degli Stati Uniti qualcuno vorrebbe eliminare i provvedimenti approvati da Barack Obama per facilitare i viaggi dei familiari e l’invio di denaro a Cuba. Alcuni pensano che questi ponti tesi verso l’isola siano una boccata d’ossigeno per il governo cubano e che prolungheranno la sua permanenza al potere.

Secondo la teoria “privazione = reazione”, per ottenere un cambiamento immediato bisognerebbe chiudere il rubinetto degli aiuti esteri. Ma in un simile scenario, tutto da verificare, potrebbero rimanere intrappolati undici milioni di persone e altrettanti stomaci. Chi sostiene la linea dura dice che basterebbe bloccare il flusso delle rimesse e dei viaggi dei cubani-americani sull’isola per scuotere il panorama nazionale.

Per dimostrare questa tesi, loro ovviamente ci metterebbero la teoria e noi il corpo del martirio. Durante l’esperimento, e fino a quando non si arriva a una conclusione, le piscine nelle ville dei potenti in verde oliva continuerebbero a ricevere il loro rifornimento di cloro, mentre l’internet satellitare dei figli di papà non diminuirebbe neanche di un kilobyte. Il giro di vite non si farebbe sentire neanche sulla tavola delle gerarchie ufficiali.

In queste settimane ci sentiamo come cavie in un laboratorio gestito da persone lontane da noi. Gli artefici della “teoria della caldaia” sperano che la caldaia scoppi, ma non capiscono che l’esplosione potrebbe innescare un ciclo di violenza che nessuno sa come o quando finirebbe.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 907, 22 luglio 2011*

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