Il ritiro delle truppe americane dalle città irachene ha causato una nuova ondata di violenze. Ho guardato il telegiornale della notte in casa del mio vicino Raid Nori, un giovane ufficiale dell’esercito. Raid stava riposando prima di cominciare il turno di notte.

Hanno trasmesso le immagini di una grande parata militare delle forze di polizia in una delle città più pericolose dell’Iraq: Baquba, 75 chilometri a nord di Baghdad. Alla fine della sfilata il comandante ha dichiarato: “Siamo pronti”. Subito dopo nella capitale sono esplose due autobombe che hanno ferito 13 persone.

“Chi c’è dietro a questi attentati?”, ha chiesto la moglie di Raid, che era lì con noi in salotto. “Quelli che vogliono ritardare il ritiro delle truppe statunitensi, dimostrando che le forze irachene non saranno in grado di fare il loro lavoro”, ha risposto Raid.

“Cioè Al Qaeda e gli Stati Uniti. Per entrambi il nostro paese in rovina è il posto migliore dove farsi la guerra”. La moglie, indignata, ha esclamato: “Ma se è una guerra tra loro perché uccidono i civili?”. “Perché vogliono spaventarci”, le ha spiegato Raid, “e farci credere che il nostro esercito e la nostra polizia non sapranno garantire la sicurezza dei cittadini. Cercano di farci sentire in pericolo e ci riescono”.

Internazionale, numero 802, 3 luglio 2009

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