Non è chiaro chi siano le parti in lotta nella provincia di Al Anbar, nell’ovest dell’Iraq. La situazione è confusa anche per i giornalisti iracheni che stanno seguendo la vicenda. L’unico che copre le notizie come giornalista embedded al seguito dell’esercito iracheno è il reporter di Al Iraqiya, la tv pubblica.
Le fonti delle notizie da Al Anbar sono spesso familiari e amici rimasti nelle città sotto assedio. Nel giro di pochi minuti Omar Shaher, un giornalista fidato che si trova sul campo, ha scritto: “L’esercito controlla la città di Falluja e non c’è traccia di combattimenti con Al Qaeda. Dove sono i suoi miliziani?”. Dopo cinque minuti, ha rettificato: “Intensi combattimenti nella parte orientale della città”. Le descrizioni sulla provenienza degli spari sono state riviste molte volte in pochi giorni.
Il tutto è cominciato con alcuni scontri tra le tribù locali e le forze di sicurezza del governo centrale. In poco tempo, dopo il ritiro dell’esercito, dal deserto a ovest di Ramadi sono apparse 75 camionette di Al Qaeda dirette in città. La lotta si è spostata: ora a scontrarsi erano i combattenti tribali con quelli di Al Qaeda. L’esercito ha cominciato ad appoggiare le tribù.
Negli ultimi due giorni alcuni rappresentanti tribali hanno anche fatto da mediatori nei negoziati per convincere i membri di Al Qaeda a ritirarsi per evitare che l’esercito bombardasse la città. Gli uomini di Al Qaeda hanno solo due modi per resistere all’attacco, mi ha detto Omar: “O usare gli abitanti di Ramadi e Falluja come scudi umani o defilarsi verso sud, verso città come Baghdad, per continuare la loro campagna di attentati terroristici”.
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