Per il primo ministro iracheno Haider al Abadi formare il nuovo governo è un compito urgente e delicato. Abadi ha dato due indicazioni importanti riguardo a come intende procedere: ha detto di voler ridurre il numero dei ministri da 27 a 15 e ha chiesto alle principali formazioni politiche di fare alcuni nomi di tecnici, noti per la loro integrità, che potrebbero guidare i vari ministeri.

L’analista politico Salem Suza è convinto che il primo punto sia difficile da realizzare perché le otto principali coalizioni politiche del nuovo parlamento vogliono essere rappresentate e quindici ministri sono troppo pochi per includere rappresentanti sciiti, sunniti, curdi, turcomanni, cristiani e donne. In un editoriale il direttore del quotidiano Al Mada ha chiesto ad Abadi di presentare il suo programma prima di scegliere i ministri. Allo stesso tempo, personalità vicine all’ayatollah Ali al Sistani hanno chiesto al nuovo premier di dare la priorità alla lotta contro la corruzione.

Sembra quindi che Abadi abbia un bel po’ da fare in un paese che per un terzo è controllato dal gruppo terroristico Stato islamico. Per rispettare le scadenze imposte dalla costituzione il primo ministro deve presentare il nuovo governo al parlamento entro un mese dalla sua nomina (che risale all’11 agosto), quindi deve assicurarsi il più rapidamente possibile dei sostenitori sia all’interno del paese sia all’estero. Ogni ritardo non farà altro che rafforzare la cerchia dell’ex premier Nuri al Maliki.

Gli iracheni nutrono aspettative contrastanti, almeno a giudicare dalle interviste raccolte da Al Hurra tv per le strade di Baghdad. Alcuni pensano che il nuovo primo ministro non sia molto diverso da Maliki, che del resto è il leader del Partito islamico Dawa, di cui fa parte anche Abadi. “Vengono entrambi dalla stessa scuola e dallo stesso partito”, dicono alcuni intervistati. Altri, invece, lo considerano “un politico esperto, che ha imparato la lezione e non commetterà gli stessi errori del passato”.

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