Sembra che la carriera politica del presidente del governo regionale del Kurdistan (Krg), Massoud Barzani, sia giunta alla fine. Dai vertici del suo partito, il Partito democratico del Kurdistan (Pdk), arrivano voci sulle sue imminenti dimissioni, forse già alla prossima sessione del parlamento di Erbil.
Barzani non vorrebbe lasciare l’incarico, ma subisce sempre più pressioni dopo le conseguenze disastrose del referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno del 25 settembre. Il governo centrale iracheno ha deciso di non cominciare nessun negoziato con le autorità del Krg finché Barzani resterà al suo posto. L’Iran e la Turchia lo accusano di aver portato il caos in una regione già instabile.
I suoi alleati di governo, e perfino i componenti della sua famiglia che ricoprono incarichi importanti nell’amministrazione curda, lo accusano della disfatta militare delle ultime due settimane, in cui le forze curde hanno perso il controllo di ampi territori dopo l’avanzata dell’esercito iracheno.
Negli ultimi giorni Barzani è scomparso senza dare spiegazioni. Il 26 ottobre ho ricevuto una telefonata da un analista politico curdo, secondo il quale Barzani ha avuto un malore. Alcune persone hanno sentito un’ambulanza che si avvicinava alla sua residenza privata. Questo potrebbe essere il motivo per cui la sessione del parlamento curdo è stata rimandata di altri due giorni.
I presupposti del negoziato
Il nuovo governo di transizione curdo dovrebbe includere il nipote di Barzani, Nechirvan, e il presidente del parlamento, Yousif Muhammed. Il compito del nuovo esecutivo sarà portare avanti i negoziati con Baghdad, sulla base di questi presupposti: che il cessate il fuoco sia rispettato da entrambe le parti e che i risultati del referendum siano “congelati”. Il governo centrale, però, respinge l’idea della sospensione dei risultati e chiede che siano cancellati, come se il referendum non fosse mai avvenuto.
Anche se entrambe le parti dicono di voler negoziare, le truppe irachene, sostenute dalle milizie sciite Hashd al shaabi, continuano ad avanzare rapidamente. Si stanno dirigendo a nord, per prendere il controllo degli ultimi checkpoint al confine con la Turchia e con la Siria. I peshmerga curdi cercano di bloccarle. Entrambe le parti combattono con armi fornite dagli Stati Uniti. Nessuno sa quante perdite in termini di vite umane potrebbero causare questi combattimenti prima che i rappresentanti di Erbil e di Baghdad si siedano al tavolo dei negoziati.
(Traduzione di Francesca Sibani)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it