Dal distretto di Tarmia a nord di Baghdad fino alla provincia di Babil, 150 chilometri a sud della capitale irachena, le sponde del fiume Eufrate sono state invase da una marea di pesci morti. Sono scene che fanno pensare alle stragi causate dalle armi di distruzioni di massa.

Non è ancora chiaro cosa abbia causato questa moria. Alcuni abitanti del luogo parlano di una malattia virale, altri sostengono che sostanze tossiche sarebbero state sversate nelle acque del fiume e negli impianti di itticoltura. Secondo alcuni test di laboratorio condotti da un team di diciotto ricercatori si tratterebbe di un batterio partito da alcuni allevamenti di pesce nella provincia di Babil.

La moria di pesci ha causato una vera e propria fobia tra gli iracheni. Il commerciante Samir Salman del distretto di Zayuna mi racconta che le vendite si sono ridotte del 90 per cento. “Di solito vendo tra le 30 e le 35 carpe al giorno. Oggi in tutta la giornata ne ho vendute solo due, di cui una a te”.

La disastrosa epidemia è stata il secondo argomento all’ordine del giorno nella discussione in parlamento del 7 novembre, dopo il dibattito sulla legge di bilancio del 2019.

Salman Dahab, un altro venditore di pesce, davanti al suo negozio a Karrada nel centro di Baghdad ha appeso un cartello che avverte “Qui solo pesce iraniano”. Fino a due settimane fa il suo orgoglio con i clienti era di vendere pesce fresco dal Tigri pescato a poca distanza dal suo negozio.

Sui social media alcuni commenti ironici hanno notato che se gli otto anni al governo di Nouri al Maliki erano stati segnati dall’influenza dei polli e i quattro anni di Haider al Abadi erano stati funestati da un’epidemia bovina, ora ad Adel Abdul Mahdi tocca cominciare il suo mandato con un nuovo flagello, la moria di pesci.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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