Non è ancora chiaro se il confine iracheno con l’Iran sia stato chiuso, come sostiene il ministero della sanità, o se sia ancora aperto, come invece affermano dal ministero dell’interno. Intanto i manifestanti iracheni nella provincia meridionale di Maysan hanno messo in atto il blocco del confine bruciando copertoni al valico di frontiera con l’Iran. L’iniziativa è scattata dopo l’annuncio da parte delle autorità di Teheran che due persone sono morte a causa del coronavirus e tre casi di persone infettate sono stati scoperti nella città santa di Qom.

In contemporanea al coronavirus, il religioso Akram al Qabi, leader della milizia filoiraniana al Nujaba, comparendo alla televisione iraniana accanto ai capi della guardia rivoluzionaria della Repubblica islamica ha minacciato gli Stati Uniti e la loro presenza militare in Iraq: è scattata “l’ora zero” della vendetta per l’uccisione del generale Qassem Soleimani, il potente comandante iraniano, e del comandante iracheno delle forze di mobilitazione popolare, Abu Mahdi al Muhandis.

Test delicatissimo
L’improvvisa apparizione di Al Qabi è il segnale di una nuova strategia iraniana nei confronti della presenza militare statunitense, che divide in due gruppi le milizie sciite irachene: da una parte quelle con una nutrita presenza in parlamento che dovranno giocare un ruolo politico contro gli Stati Uniti; dall’altra i piccoli gruppi come al Nujaba che si occuperanno di attaccare le basi militari e l’ambasciata.

Con queste due minacce alle porte sul confine occidentale con l’Iran, il primo ministro incaricato Tawfiq Alawi dovrà affrontare nei prossimi giorni un test delicatissimo quando presenterà il suo esecutivo in parlamento.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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