L’esplosione simultanea delle proteste in Libano e in Iraq, nell’ottobre scorso, ha rafforzato le relazioni tra iracheni e libanesi. I due paesi vivono entrambi situazioni catastrofiche: la corruzione dei governi, i servizi pubblici carenti, il controllo esercitato sullo stato dalle milizie, sono pressoché uguali. I manifestanti iracheni hanno imparato dai libanesi lo slogan “Killoun yaani killoun”, cioè: “Tutti, ma proprio tutti”, cioè i partiti dominanti senza eccezioni. Da parte loro, i manifestanti libanesi hanno imparato dagli iracheni indignati la pratica di occupare la piazza principale e di organizzare i propri sit-in a pochi metri dal parlamento.
Ho avuto occasione di partecipare a due incontri a Beirut dove attivisti dei due paesi si scambiavano informazioni e speranze. Dopo la tragica esplosione di Beirut i manifestanti iracheni sono andati ad accendere delle candele di fronte all’ambasciata libanese a Baghdad.
Il governo di Mustafa al Kadhimi ha deciso di fornire gratuitamente al Libano il suo petrolio fino a quando il paese non si sarà ripreso dall’incubo dell’esplosione. Secondo fonti ufficiali libanesi dall’Iraq arriveranno anche rifornimenti di grano.
I blogger iracheni hanno usato l’esplosione di Beirut per avviare una campagna con gli slogan “Fuori i depositi di munizioni dalle città!” e “Le basi militari stiano lontane dalle nostre case!”. Molti di questi depositi e basi appartengono alle milizie filo-iraniane, che usano i quartieri residenziali come scudo contro potenziali attacchi aerei statunitensi o israeliani. Per i blogger iracheni l’esplosione di Beirut è stata la tragica dimostrazione dei rischi connessi a queste installazioni.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
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