Sono passati più di 45 giorni da quando Hoda Ali, 34 anni, e suo marito Jamal Saleh, 42, hanno ricevuto il loro ultimo stipendio. La coppia deve pagare le rette scolastiche dei tre figli, due maschi e una femmina, le rate del mutuo sulla casa, le spese per il generatore, per i trasporti e per le necessità di tutti i giorni.
Oltre quattro milioni di dipendenti statali e pensionati, per i quali lo stipendio rappresentava l’unica entrata economica, stanno vivendo più o meno gli stessi disagi.
Gli assegni della previdenza sociale, le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici nel 2019 ammontavano a 52 miliardi di dollari, pari a più del 43 per cento del bilancio dello stato, e agli stipendi sono destinati ogni mese circa 5 miliardi di dollari. Tra gli statali cresce l’angoscia mentre non s’intravede una soluzione in tempi rapidi.
Senza precedenti
Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato il 7 ottobre prevede che il deficit in Iraq raggiungerà un “livello senza precedenti”, in vista di un crollo stimato del 10 per cento del pil quest’anno.
La crisi finanziaria è solo una delle questioni che gravano sul governo del primo ministro Mustafa al Kadhimi. Si aggiunge alle proteste popolari cominciate lo scorso ottobre e alla pandemia di covid-19, che ha avuto conseguenze pesanti sul settore petrolifero globale facendo crollare i prezzi del greggio.
Per superare la crisi, il governo sta prendendo in considerazione diverse possibilità, tra cui anche il taglio degli stipendi dei funzionari di alto rango, compresi quelli delle tre più alte cariche dello stato: presidente, primo ministro e presidente del parlamento.
Ma soprattutto, per mettere al sicuro il bilancio di quest’anno il premier potrebbe ricorrere all’indebitamento, chiedendo prestiti sia dentro il paese sia all’estero. La domanda è: fino a quando?
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