Teheran e Baghdad aspettano le prime mosse di Joe Biden
La guerra economica e militare contro l’Iran si è intensificata nei giorni della procedura d’impeachment di Donald Trump.
Sul piano militare, a inasprire il conflitto è stata l’ondata di attacchi aerei israeliani all’inizio del nuovo anno. Il 13 gennaio le guardie di frontiera irachene di stanza nei pressi della provincia desertica siriana di Abu Kamal non hanno potuto chiudere occhio. I bombardamenti sono stati i più pesanti che avessero mai sentito dal confine con la Siria. Le esplosioni hanno tramutato la notte in un inferno. Sono stati oltre 18 i raid aerei sui depositi di armi e le postazioni militari, in parte appartenenti alle milizie irachene filoiraniane. In totale sono una cinquantina i siti colpiti dagli attacchi israeliani, e almeno 57 persone sono rimaste uccise, in maggioranza appartenenti ai gruppi armati fedeli a Teheran.
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, Israele è determinato a impedire che l’Iran possa affermare una sua presenza in Siria. Ma dietro i bombardamenti settimanali c’è un piano statunitense: secondo l’Associated Press i raid sono stati condotti sulla base di informazioni fornite da Washington, nel quadro della guerra degli Stati Uniti per contenere l’influenza iraniana.
E mentre i confini si infiammavano, sul piano economico venivano imposte nuove sanzioni contro due organizzazioni iraniane controllate dalla Guida suprema, l’ayatollah Khamenei. Tra queste rientrano anche sanzioni economiche contro due importanti leader delle Unità di mobilitazione popolare irachene (Hashd), accusati dagli Stati Uniti di essere fedeli all’Iran e di essere responsabili dell’uccisione dei manifestanti iracheni.
Il drastico aumento degli attacchi militari all’Iran e le pressioni economiche create dalle sanzioni sono stati messi in atto con un tempismo tale da impedire al presidente entrante Joe Biden di tornare a un’epoca di dialogo diplomatico dopo quattro anni di strategia della “massima pressione” nei confronti di Teheran.
Intanto Baghdad è sempre in attesa di quel che verrà. I tre presidenti iracheni (il presidente della repubblica Barham Saleh, il primo ministro Mustafa al Kadhimi, e il presidente del parlamento Mohammad al Halbousi) hanno tenuto un incontro urgente martedì 12 gennaio per discutere dei nuovi sviluppi della situazione politica e militare nel vuoto che si è creato con la transizione alla Casa Bianca.
In attesa dei prossimi delicatissimi giorni: sarà la pace, o un’altra guerra?
(Traduzione di Francesco De Lellis)