Due giorni dopo il suo tentato assassinio il primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi ha visitato due luoghi al di fuori della Zona verde, una casa di riposo per anziani e il quartiere povero di Sadr City, nel quadrante orientale della capitale Baghdad. Con queste due visite in un solo giorno il premier ha voluto dimostrare che non ha paura dei suoi nemici interni.
La domenica precedente gli attentatori avevano utilizzato due droni per bombardare la sua casa nella Zona verde intorno alle due del mattino.
Alcuni osservatori lo definiscono un “colpo di stato incompiuto”. Nella sua storia moderna l’Iraq è stato teatro di undici colpi di stato. Ma questo è stato il primo tentativo dal 2003.
L’attentato è avvenuto poco dopo una protesta intorno alla Zona verde organizzata dalle milizie filo-iraniane contro i risultati elettorali, che hanno sancito il loro netto calo di popolarità e una drastica diminuzione dei loro rappresentanti in parlamento. Le milizie chiedono a gran voce nuove elezioni.
In seguito alle elezioni del 10 ottobre i principali partiti islamici possono essere divisi in tre gruppi.
Il vincitore principale è stato il popolare religioso Muqtada al Sadr (con 73 seggi su 329). Il suo tentativo è quello di realizzare un esecutivo con le coalizioni più votate. Altri sei partiti radunati intorno all’ex primo ministro Nouri al Maliki, con 37 seggi, ambiscono allo stesso consenso politico, allargato anche a curdi e sunniti. I perdenti, per lo più membri delle milizie, tentano di imporre uno status quo con la violenza.
Il tentato assassinio giunge dopo due giorni di violenti scontri tra le forze di sicurezza irachene e i manifestanti, due dei quali sono rimasti uccisi.
Il leader di una delle milizie, Qais al Khazali, ha visitato il luogo delle proteste minacciando vendetta appena sei ore prima delle esplosioni che hanno colpito la casa del premier.
Al Kadhimi è sopravvissuto all’attentato, tuttavia è apparso stanco. Ma come dicono gli iracheni, “un lieve danno può avere effetti positivi”. Il premier ha ricevuto un vasto sostegno internazionale e domestico. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha definito l’attentato un “attacco terroristico”. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite lo ha condannato esprimendo supporto per Al Kadhimi. Anche l’Iran ha condannato l’attacco, mentre molti leader arabi gli hanno inviato messaggi di solidarietà. Sul piano internazionale la gran parte dei principali attori ha condannato l’attentato. Questo appoggio interno e internazionale rafforza le sue possibilità per altri quattro anni di mandato in carica.
D’altra parte, con buona probabilità questo attentato non segnerà la fine delle tensioni in corso, anzi potrebbe dare il via a una catena di eventi che rischiano di intensificare il livello di ostilità in un paese che da molto tempo soffre della mancanza di stabilità.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
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