Più di 17mila persone accusate di consumo e traffico di stupefacenti sono state arrestate in Iraq negli ultimi ventidue mesi. L’ha affermato il direttore del Dipartimento antidroga, Ziyad al Qaisi, in una conferenza stampa il 18 novembre. Sono stati sequestrati oltre 900 chili di droga e 19 milioni di pillole.

Le sostanze più diffuse erano “metanfetamine, hashish, oppio ed eroina”. Al Qaisi ha confermato che quest’anno sono stati arrestati più spacciatori e consumatori rispetto al 2020, e ha attribuito questo aumento alla determinazione del governo nel perseguire il fenomeno. Ma le frontiere irachene sono ancora aperte ai trafficanti perché i gruppi armati controllano le aree vicine al confine.

Inoltre i trafficanti esercitano il loro controllo con le armi e spesso si verificano scontri con la polizia. Per esempio lo scorso 19 ottobre nella città meridionale di Bassora si è scatenata una sparatoria tra una banda di spacciatori e la polizia, che si è conclusa con l’uccisione di un agente e il ferimento di tre uomini della sicurezza.

Alcuni osservatori stimano che il traffico di stupefacenti costituisca almeno il 28 per cento degli introiti delle milizie. È per questo che i gruppi armati sono determinati a difendere il loro commercio. Con le frontiere senza controlli l’Iraq è diventato un luogo di transito per la famigerata rotta balcanica dei trafficanti di droga.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it