È bastato che il ministro iracheno della pianificazione accennasse alla sua intenzione di attuare un controllo demografico, stabilendo un numero massimo di figli e determinati intervalli tra le gravidanze, perché i partiti e le istituzioni religiose del paese impedissero subito la mossa dichiarando che contrasta con la religione.

Un altro conflitto che divide la società irachena. A causa della campagna religiosa e della reazione dei partiti religiosi, il ministro ha ritirato il suo progetto.

Secondo le statistiche ufficiali pubblicate lo scorso marzo dal ministero l’Iraq si trova alla vigilia di un boom demografico. La popolazione è arrivata a più di 41 milioni di persone. La crescita demografica annuale ha superato le previsioni. Il ministero stima che la popolazione dell’Iraq aumenti ogni anno di un milione di persone. Il maggior numero di abitanti vive nella capitale Baghdad, dove risiedono più di 8,7 milioni di persone.

Con una crescita così rapida della popolazione l’Iraq si troverà ad affrontare molti problemi sociali, a causa del divario tra l’aumento di popolazione e la capacità dello stato di garantire un contesto adeguato a tale crescita. L’attuale incapacità dello stato di offrire opportunità di lavoro per i diplomati sembra essere la motivazione principale di almeno 28 manifestazioni registrate in Iraq negli ultimi mesi. Questo è uno degli svantaggi di una crescita incontrollata della popolazione.

Se il ministro della pianificazione prenderà una qualunque iniziativa per limitare la crescita demografica la sua proposta incontrerà in parlamento le stesse difficoltà di qualunque altra normativa riguardante la pianificazione familiare, a causa della predominanza nell’assemblea dei partiti islamici. Questi sosterranno che la norma viola l’articolo 2 della costituzione irachena, il quale stabilisce che non è consentito promulgare una legge che contraddica le disposizioni fondamentali dell’islam.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

Internazionale ha una newsletter che racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it